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giovedì 20 gennaio 2011

GRANDE PARTECIPAZIONE A COSSIGNANO PER LA PRESENTAZIONE DELLA PROPOSTA DI LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE SUL GOVERNO DEL TERRITORIO E SUL PAESAGGIO

Notevole partecipazione alla presentazione della proposta di legge di iniziativa popolare riguardante il piano paesaggistico e il governo del territorio elaborato dal Coordinamento regionale del Paesaggio Marche , lo scorso 16 gennaio a Cossignano. Presso la sala delle Culture del Comune , in un’aula gremita di gente proveniente da tutta la provincia ad attestare la grande sensibilità della popolazione nei confronti della tematica, si sono avvicendati quali relatori il sindaco ospitante Roberto De Angelis, la Prof.ssa Olimpia Gobbi, presidente dell’associazione Luoghi Comuni e l’architetto Picciafuoco del Coordinamento Paesaggio Marche.


Il sindaco De Angelis ha introdotto il tema della serata sottolineando la rilevanza economica che la gestione del territorio riveste per un Comune. A fronte di un consumo sempre più smodato e sconsiderato del territorio e del paesaggio ad opera soprattutto di alcuni comuni costieri, il sindaco ha proposto un sistema di perequazione che preveda sanzioni pecuniarie a beneficio dei comuni più virtuosi

La prof.ssa Olimpia Gobbi ha poi illustrato alcuni dati nazionali e regionali preoccupanti che indicano come il consumo di suolo marchigiano sia ai livelli più alti d’Italia con il 12,5% di incremento della superficie edificata fra il 2001 e 2008 a fronte di una media nazionale del 7,8%. Tale incremento non risulta in alcun modo giustificato dalla richiesta di appartamenti in quanto intorno ai maggiori centri quali San Benedetto , negli ultimi decenni la popolazione è cresciuta del 37%, ma il suolo urbanizzato del 319%. Si stima che delle nuove costruzioni sia occupato solo il 25% dell’ edificato e stante così la situazione ogni cittadino risulta “avere” di media 5 appartamenti. Questi dati sconcertanti confermano come attorno all’economia del cemento si muovano interessi essenzialmente speculativi che drogano il mercato non permettendo comunque , visti gli alti prezzi prodotti da questi meccanismi, l’acquisto di una casa da parte di giovani coppie o persone bisognose. Non meno importante è poi l’altissimo rischio che una economia fittizia di questo tipo possa produrre una bolla speculativa dagli esiti drammatici. Ricordiamo a questo proposito la crisi americana, la crisi spagnola e , per ultima quella irlandese tutte accomunate da una profonda criticità dell’economia immobiliare. Infine, la Prof.ssa Gobbi ha sottolineato come il paesaggio debba in realtà essere a tutti gli effetti ripensato sotto una chiave di ricchezza economica di un territorio e delle persone che vi abitano, piuttosto che come un bene da sfruttarei per meri ritorni economici di pochi: in un territorio non degradato le persone vivono meglio, in città vivibili la criminalità è ai minimi livelli, le malattie legate all’inquinamento sono trascurabili e il comparto economico dell’agricoltura di qualità, del turismo, della cultura e della manutenzione del territorio possono dare maggiori ricadute economiche di qualunque cementificazione selvaggia.

L’architetto Riccardo Picciafuoco del Coordinamento Regionale Paesaggio Marche, è poi entrato nel vivo illustrando i principi generali che animano la proposta di legge. Il Coordinamento per la Tutela del Paesaggio delle Marche costituitosi circa tre anni fa, si è fatto promotore di una iniziativa che ha come obiettivo prioritario e strategico quello di portare all'odg del Consiglio Regionale delle Marche una innovativa e lungimirante proposta di legge sul governo del Territorio che sostituisca la vigente legge urbanistica regionale n. 34 del 1992,ormai datata e obsoleta. Con tale proposta , il coordinamento auspica che l’Ente Regione si doti di una legislazione di altissimo profilo culturale, capace di avviare una nuova stagione di piani paesaggistico - territoriali ed urbanistici orientati alla prioritaria ed irrinunciabile salvaguardia dei beni culturali e del paesaggio delle Marche, considerati nella loro complessità ed integrità come patrimonio comune inalienabile ed inscindibile, quale risultato di secolare e sapiente interrelazione tra opera dell’uomo e della natura. Le numerose norme tecniche elaborate si prefiggono di mettere un freno al consumo di suolo , alla speculazione edilizia, stimolando nel contempo il riuso del patrimonio edilizio esistente e la riqualificazione dei paesaggi degradati attraverso decisioni partecipate e condivise con le popolazioni. Tale proposto di legge sarà presentata nell’immediato anche alle altre province marchigiane per dare così avvio in breve alla raccolta firme necessaria per la deposizione della proposta di legge presso la Regione Marche.

Da sottolineare , in conclusione della serata, l’intensa partecipazione al dibattito da parte del pubblico.

Coordinamento Paesaggio Marche
Associazione Luoghi Comuni
Associazione Per la Tutela e valorizzazione della Valdaso




martedì 18 gennaio 2011

PUNTI SALIENTI DELLA LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE SUL PAESAGGIO

COORDINAMENTO REGIONALE PER LA TUTELA DEL
PAESAGGIO DELLE MARCHE
Contributo per la modifica della proposta di legge n. 156 del 01.03.2007 avente ad oggetto:
“Norme per lo sviluppo sostenibile ed il governo del territorio regionale”
(modifiche alla L.R. 5 agosto 1992 n. 34)

1. Premessa
2. Considerazioni generali
3. Proposte normative
4. Elementi da approfondire

1. PREMESSA
Il “Coordinamento regionale per la tutela del Paesaggio delle Marche”, costituitosi da quasi tre anni con l’obiettivo prioritario di portare un contributo fattivo per la conoscenza, salvaguardia e valorizzazione del Paesaggio della nostra regione, riconoscendo nella sua globalità un valore inestimabile per l’intera comunità regionale sotto i profili culturale, socio-economico, psico-fisico ed identitario e condividendo i principi ispiratori e le finalità della “Convenzione Europea del Paesaggio”,

con il presente documento intende adoperarsi per il miglioramento del testo legislativo di cui all’oggetto, - adottato dalla Giunta Regionale precedente, discusso dalla IV Commissione Consiliare della scorsa legislatura e mai arrivato al Consiglio Regionale -, ritenendo di assoluta importanza che l’Ente Regione si doti di una legislazione di altissimo profilo culturale, capace di avviare una nuova stagione di piani paesaggistico - territoriali ed urbanistici orientati alla prioritaria ed irrinunciabile salvaguardia dei beni culturali e del paesaggio delle Marche, considerati nella loro complessità ed integrità come patrimonio comune inalienabile ed inscindibile, quale risultato di secolare e sapiente interrelazione tra opera dell’uomo e della natura.

A tal fine riteniamo però che sia di fondamentale importanza che l’organo legislativo disponga ed effettui, prima della stesura definitiva del testo di legge, una specifica ed esaustiva indagine sull’attuale stato della pianificazione nella Regione tale da mettere a confronto le attuali disponibilità di aree e volumetrie edificabili con le realistiche esigenze provenienti dal territorio e questo per i diversi usi: abitativi, industriali e artigianali, commerciali, direzionali, servizi pubblici.

L’indagine potrà essere opportunamente condotta per ogni singola Provincia con il supporto degli attuali strumenti informativi (SIT e GIS) verificando tutte le previsioni dei piani regolatori comunali in modo da effettuare un’ attendibile analisi prospettica utilissima anche per la predisposizione del nuovo PPAR adeguato al Codice dei BB.CC. Questa indagine costituirà così il presupposto stesso della legge così da renderla efficace nel suo primario scopo di governare in maniera sapiente e lungimirante l’attuale e futura realtà territoriale regionale in funzione del perseguimento di quegli imprescindibili obiettivi di lungo termine di tutela e di corretto uso del territorio.

2. CONSIDERAZIONI GENERALI
La proposta di legge regionale n. 156 avente ad oggetto “Norme per lo sviluppo sostenibile ed il governo del territorio regionale”, modificativa ed integrativa dell’attuale L.R. n. 34/92, è ben lontana dal poter essere considerata una vera ed organica riforma della legge vigente.
Si tratta infatti di una revisione dell’attuale legge urbanistica che non riesce a rappresentare quella svolta culturale e politica necessaria a garantire un’efficace e coerente tutela del Paesaggio delle Marche e un partecipato, efficiente e rigoroso Governo del territorio.
Gli aspetti ancora irrisolti rimangono troppi e troppo importanti per essere certi che la nuova generazione di Piani che seguiranno la nuova legge “urbanistica”, sia locali che territoriali, possa salvaguardare adeguatamente le immense e delicate risorse naturalistiche, storico-culturali, socio-economiche ed urbanistiche a noi pervenute.

Ad esempio, nell'oggetto della proposta di legge si dà per scontato il concetto di “sviluppo sostenibile”, senza che sia definito in modo chiaro di cosa si tratti e di quali contenuti ad esso sottendano; al contrario riteniamo sostanziale che l'ente proponente fornisca una precisa definizione di tale concetto in quanto esso è strettamente connesso alla futura “identità regionale”, da cui derivare gli obiettivi fondativi di tutti gli strumenti individuati per la gestione del territorio; identità che dovrebbe costituire il focus dell’intera legislazione in materia di territorio e di Paesaggio.

Tale identità, inoltre, dovrebbe scaturire da una partecipazione ampia e articolata di una serie di soggetti non istituzionali, oltre ai soliti “stakeholders”, che quasi sempre rimangono avulsi dai comuni processi di costruzione delle leggi e che invece potrebbero portare un grande contributo di conoscenza e di sensibilità.

In merito ai concetti sopra espressi, riteniamo sia utile rifarsi a quanto pubblicato nella deliberazione amministrativa n. 99 del 29.07.2008 – documento unitario di programmazione regionale (pubblicato sul B.U.R.M. n.79 del 20.08.2008).

3. PROPOSTE NORMATIVE
Ora passiamo ad illustrare nel dettaglio alcune proposte specifiche di modifica della legge, partendo dai principi fondativi.
2.1 Il principio fondativo della nuova legge, da inserire all’art. 1, dovrebbe essere quello che il territorio, l’ambiente ed il paesaggio costituiscono “beni comuni”, appartenenti all’intera collettività regionale, a cui associare valore sociale e culturale (e non solo economico) e che quindi vanno considerati nel loro insieme “patrimonio non alienabile e inscindibile”, salvo che per dimostrati e palesi motivi di pubblico interesse, dato che soltanto il loro corretto uso, la loro tutela, risanamento e valorizzazione possono garantire il “benessere durevole” dei singoli esseri viventi e dell’intera comunità marchigiana, come pure la conservazione del patrimonio naturale (ecosistemi e biodiversità).

Da questo assunto culturale ed etico, ne deriva che le trasformazioni del territorio devono essere rese possibili solamente se non compromettono la conservazione e la vitalità delle risorse non rinnovabili, siano esse materiali o immateriali, siano esse beni culturali, paesaggistici o ambientali e migliorino le condizioni specifiche e complessive dei contesti di intervento.
2.2 Un secondo principio basilare, peraltro già presente nell’attuale testo, ma privo dei necessari regolamenti attuativi, deve essere quello dell’equità sociale, della compensazione ambientale e del riequilibrio territoriale delle scelte di governo del territorio, da garantire attraverso strumenti di tipo perequativo.
Una “perequazione urbanistica” per garantire un’equa ripartizione tra diritti ed oneri all’interno degli ambiti di trasformazione (art. 5 del testo attuale); una “perequazione territoriale ed ambientale” che deve operare per un riequilibrio tra enti locali che sopportano differenti pesi urbanistici ed ambientali. (un buon passo l’art. 6 sulla perequazione intercomunale).
Da notare che i buoni propositi inseriti nel PTC della Provincia di Ancona a riguardo delle aree produttive sono rimasti purtroppo disattesi in mancanza di una regolamentazione operativa e cogente.

Una particolare perequazione tra diritti edificatori ed oneri sociali riferiti all’Ente pubblico ed ai privati proprietari potrebbe essere inserita, previa opportuna verifica della sua legittimità costituzionale, mediante la limitazione temporale del diritto di edificabilità in capo al privato al pari della decadenza dei vincoli espropriativi finalizzati alla realizzazione di opere pubbliche, limite già introdotto nella legislazione statale per effetto di note sentenza della Suprema Corte.

2.3 Un terzo principio fondativo dovrebbe essere costituito dalla “partecipazione consapevole e democratica” delle comunità locali alle scelte di governo del territorio, oltre le normali procedure oggi in vigore (osservazioni); una partecipazione da rendere obbligatoria, effettiva e strutturata attraverso la codificazione di metodologie già sperimentate con successo o in fase di sperimentazione in altre regioni italiane o paesi europei (vedi la recentissima legge della Toscana del 20.12.07 o i più sperimentati modelli anglosassoni di urbanistica partecipata); l’attuale norma dell’art. 14 sull’inchiesta pubblica è troppo debole e discrezionale a questo riguardo, soprattutto se paragonata alle procedure previste per la Valutazione di Impatto Ambientale delle grandi opere (L.R. n. 7/04 sulla VIA) e per la Valutazione Ambientale Strategica (VAS) di piani e programmi (D.Lgs. n. 152/06 e D.Lgs. n. 4/2008), e quindi va resa obbligatoria nei casi di piani e progetti che rivestono anche il minimo interesse pubblico.

2.4 E’ inoltre opportuno inserire in questa legge a pieno titolo le disposizioni relative alle procedure VAS di cui alla L.R. n.6 del 12/06/2007 e successive linee guida (ci risulta di imminente approvazione). Nel contempo occorre far sì che la nuova legge renda obbligatori i processi di adeguamento del PPAR da parte dei PTC per superare il limite perverso dei soli adeguamenti comunali a livello di PRG. Tale processo di adeguamento va avviato subito dopo l’approvazione della legge. Inoltre la legge deve riattribuire alla Regione il ruolo di controllo e verifica degli adeguamenti dei PRG e dei PTC al PPAR da parte dei Comuni e delle Province.

2.5 Altro principio ineludibile da inserire nella nuova legge dovrà essere quello del contenimento del “consumo di suolo”, o meglio del “risparmio di suolo”, partendo dall’assunto che il territorio è tra le principali risorse non rinnovabili del pianeta.
L’obiettivo ambizioso, ma necessario e strategico in prospettiva futura, del “consumo di suolo zero” potrà essere perseguito per gradi a partire dalla fissazione di livelli intermedi, mediante attribuzione di obblighi, limiti, incentivi e disincentivi ai Comuni in fase di adozione dei propri strumenti urbanistici, a partire dai piani strutturali.
Uno degli obblighi potrebbe essere costituito dalla verifica del livello di attuazione dei PRG vigenti da parte delle Province in sede di espressione del previsto parere di conformità al PTC (o, come da noi suggerito, di verifica di conformità a leggi e piani sovraordinati prima della approvazione dei PRG da riattribuire alle Province) e dalla possibilità di prevedere nuovi insediamenti (residenziali, produttivi, commerciali e direzionali) solo dopo aver raggiunto e completato una certa quota delle potenzialità edificatorie disponibili (per esempio almeno l’80%). Vanno inoltre ammesse le sole varianti parziali che prevedano trasferimenti di volumetria realizzabile, cambi di destinazione d’uso di aree ed immobili a parità di carichi e standards urbanistici.
Un interessante incentivo potrebbe essere quello della attribuzione di limitati “bonus” edificatori in caso di Comuni che decidano di procedere ad una pianificazione associata per ambiti intercomunali omogenei, tale da razionalizzare l’individuazione delle zone produttive e/o di servizi pubblici territoriali. Certamente è necessario prevedere specifici finanziamenti per la redazione dei Piani Strutturali di piccoli e medi Comuni; oppure, quale alternativa da valutare con attenzione, inserire una norma che individui il nuovo PTC adeguato al PPAR quale piano strutturale per i piccoli Comuni (p.es. sotto la soglia dei 5000 abitanti).
Viceversa un elemento disincentivante potrebbe essere rappresentato dall’impossibilità di prevedere nuove espansioni urbanistiche in assenza di una puntuale ed attenta verifica del possibile recupero e riuso di aree ed immobili dismessi.
E’ anche necessario impedire il ricorso a varianti parziali ai Piani Strutturali che prevedano aumenti del carico insediativo senza che sia verificata la loro necessità oggettiva e sempre che le nuove previsioni non riducano le aree di riserva ecologica ed ambientale.

2.6 Altro elemento sostanziale è quello del risparmio energetico e della ecocompatibilità degli interventi.
Anche in questo caso lo strumento dell’incentivo/disincentivo (sempre però limitando il ricorso ai soli incentivi volumetrici) potrà essere efficace nell’indirizzare i Comuni verso sempre migliori “buone pratiche” che prevedano un obbligatorio ricorso almeno integrativo a fonti rinnovabili.
Un buon inizio sarebbe comunque l’inserimento per legge dell’applicazione di criteri di valutazione ex ante dei nuovi interventi edificatori sul modello del “protocollo ITACA” e del Metodo di Valutazione Integrata (Me.V.I.), strumenti già in parte sperimentati con buoni esiti rispettivamente a livello regionale e territoriale (Parco del Conero).
Su questo aspetto il Piano Energetico Ambientale Regionale (PEAR) deve assumere un ruolo centrale e strategico all’interno della pianificazione provinciale e comunale, orientando sempre più verso il contenimento dei consumi delle risorse naturali non rinnovabili e dell’acqua piuttosto che sulla produzione di nuova energia.
A questo proposito è necessario che il PEAR sia articolato in Piani Energetici Provinciali e Comunali al fine di rendere organica e capillare una normativa che impedisca la realizzazione di interventi energivori.
Un'altra scelta positiva ed originale potrebbe essere rappresentata dall'incentivare l’adozione di criteri progettuali e costruttivi innovativi, sia per le nuove costruzioni che per gli edifici da recuperare, ossia l'uso dell'”edilizia mimetica”, quale soluzione per rendere meno impattanti gli interventi di nuova costruzione e meno “invasive” le ristrutturazioni. Tale azione sarebbe estremamente utile anche per riqualificare le aree produttive esistenti che hanno spesso brutalizzato il nostro paesaggio.

2.7 Un ulteriore punto che riteniamo essenziale per un equilibrato e sostenibile sviluppo urbanistico delle nostre città, per il recupero e la rivitalizzazione dei nostri piccoli centri alto collinari, pedemontani e montani in fase di continuo abbandono e per una sempre migliore tutela del paesaggio, è quello di attribuire maggior forza ed incisività al livello provinciale di pianificazione e programmazione territoriale che oggi si esprime attraverso il Piano Territoriale di Coordinamento (PTC); uno strumento attualmente troppo debole e disomogeneo tra le quattro Province, che si sta rivelando incapace di indirizzare in modo incisivo e determinante le politiche di governo delle singole amministrazioni comunali, spesso troppo condizionate dalla necessità di “fare cassa” attraverso il reperimento di risorse finanziarie derivanti da oneri di urbanizzazione, ICI ed imposte accessorie.

• Tra gli obiettivi ed indirizzi cogenti da assumere a livello di PTC dovrebbero essere prioritari quello della introduzione di limiti drastici ed invalicabili alla crescita ulteriore dei centri urbani costieri (introducendo p.es. il limite di 300-500 metri di inedificabilità dalla costa) e delle zone produttive sparse (in particolare industriali e commerciali di grande distribuzione) e quello del decongestionamento della viabilità intercomunale ed urbana mediante ricorso a piani territoriali della mobilità che prevedano anche l’imposizione di limiti e disincentivi al traffico privato nei casi di particolare insostenibilità ambientale e l’individuazione di parcheggi di scambio intermodale a ridosso delle stazioni ferroviarie e delle autolinee. A tal fine i PTC obbligatoriamente devono individuare fra i suoi contenuti le conurbazioni continue per le quali deve essere attivata una pianificazione strutturale intercomunale e gli ambiti sovracomunali laddove il piano strutturale deve assumere efficacia di piano intercomunale, previa concertazione preventiva con i Comuni interessati.

2.8 E’ inoltre necessario rivedere le procedure per l’approvazione dei Piani Regolatori Generali, in prospettiva almeno al livello dei previsti Piani Strutturali, che riteniamo non possa essere ancora attribuita ai Comuni, ma che debba tornare di competenza almeno provinciale, fatte salve alcune eccezioni da stabilirsi con il massimo rigore (p.es. le città capoluogo prevedendo procedure concertative specifiche).
Anche il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche, relative ad interventi ricadenti in ambiti di tutela paesaggistico-ambientale, andrebbe attribuito a specifici uffici provinciali dotati di competenze professionali adeguate, anche qui con la sola eccezione dei Comuni maggiori che possono usufruire di adeguata capacità organizzativa e dell’opera di tecnici di provata preparazione professionale.
Si ricorda in proposito che il Codice dei BB.CC. e del Paesaggio già prevede che la Regione verifichi la sussistenza di un adeguato livello di competenze tecnico-scientifiche e di autonomia gestionale delle strutture comunali delegate al rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche (art. 146, comma 6).

A tal proposito va eliminata la possibilità per gli sportelli unici di autorizzare la realizzazione degli insediamenti produttivi al di fuori delle previsioni dei piani regolatori, in particolare laddove essi comportino occupazione di suolo libero.

2.9 Altro punto di grande preoccupazione è costituito dalla proposta di legge sugli insediamenti in territorio agricolo, modificativa della vigente L.R. n. 13/90.
Riteniamo che l’importanza della tutela del paesaggio rurale delle Marche, inestimabile e primario patrimonio socio-culturale prima ancora che economico della nostra regione, debba essere affrontato all’interno della nuova legge sul governo del territorio e non attraverso una riforma parziale della L.R. 13/90, che rischierebbe di vanificare anche il previsto e necessario processo di revisione del PPAR.

4. ELEMENTI DA APPROFONDIRE
Ulteriori elementi da inserire come criteri, requisiti od obiettivi da dettagliare ed attuare attraverso specifici regolamenti regionali o piani di settore, potranno essere costituiti da:
• Sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza nella ripartizione delle competenze tra soggetti istituzionali
• Autonomia e responsabilità nell’azione di governo del territorio
• Tempi certi nella conclusione dei procedimenti, con relative sanzioni per le inadempienze gravi (fino alla decadenza delle procedure già concluse e relativi poteri sostitutivi)
• Fissazione di regole per lo svolgimento delle conferenze di copianificazione e degli altri strumenti concertativi
• Fissazione di regole certe ed efficaci per lo svolgimento e la conclusione di accordi procedimentali e negoziali tra soggetti pubblici e privati, da basare sui principi della concorsualità e concorrenzialità delle proposte ed oggettività e trasparenza delle scelte
• Salvaguardia delle “dotazioni territoriali” (aree per servizi pubblici) e loro incremento non solo quantitativo ma soprattutto qualitativo
• Tutela del territorio agricolo e del paesaggio rurale in quanto patrimonio collettivo culturale, oltre che socio- economico, nel quale limitare l’estendersi del fenomeno della residenza civile e se possibile fermare quello delle seconde case
• Salvaguardia ed incremento delle “dotazioni ecologiche ed ambientali” (quali le aree naturali, le reti ecologiche, gli habitat delle specie faunistiche locali, non solo quelle già protette, ecc.) al fine di costituire un patrimonio inalienabile e non negoziabile di risorse indispensabili per garantire la vitalità del paesaggio e dell’ambiente regionale, completando prioritariamente gli studi sulla Rete Ecologica regionale
. Introduzione di strumenti penalizzanti per limitare l’adozione di soluzioni tecniche energivore per le nuove costruzioni e le ristrutturazioni edilizie
• Un'ulteriore tema specifico su cui focalizzare l'attenzione della nuova legge è quello della “manutenzione del territorio”. Tutti noi assistiamo, più o meno costantemente ed impotenti, ai danni che il territorio subisce a causa di eventi naturali eccezionali. Molti dei problemi si possono far risalire alla mancanza di costante manutenzione dei corsi d'acqua, dei suoli agricoli di versante e dei crinali che, fino a non molti anni fa, veniva attuata dagli agricoltori nella normale buona pratica agricola e che ora, con l'imporsi dell'agricoltura meccanizzata, è venuta quasi sempre a mancare.

Altri danni sono dovuti alle aree di espansione urbanizzate che, oltre ad essere state attuate anche in aree a rischio geologico o idrogeologico, dovrebbero essere curate dalle Amministrazioni Comunali che ne hanno permesso la realizzazione, ma che poi non dispongono delle risorse economiche per garantire un'adeguata manutenzione.

Infine esiste il problema della progressiva rigenerazione naturale e/o artificiale delle aree di cava, per le quali dovrebbe essere reso obbligatorio il risanamento a carico dei cavatori stessi naturalmente sulla base di specifici progetti.

Per il tavolo tecnico – il coordinatore

Arch. Riccardo Picciafuoco
Ancona, dicembre 2010

venerdì 10 dicembre 2010

Colline ricoperte dal fotovoltaico: a Monsampolo i cittadini si ribellano

Dal http://www.rivieraoggi.it/ del 21 novembre 2010

Bellissimi paesaggi che rischiano di vedere compromessa la propria anima. Tutto questo è giusto? È energia alternativa oppure è uno scempio? Per un gruppo di residenti è buona la seconda: partono i ricorsi


di: Oliver Panichi 21 novembre 2010 @13:10MONSAMPOLO – Un nuovo campo fotovoltaico che cambia l’anima delle splendide colline (ce le invidiano tutti, ma forse non sappiamo tutelarle abbastanza?) fra Acquaviva, Monsampolo e Monteprandone.

Una nuova distesa di pannelli fotovoltaici al posto delle colture, delle vigne, del paesaggio, ben 3300 pannelli dalla potenza installata di 792 kilowatt.

Secondo quanto riferisce una nota diffusa dai residenti della zona, la notizia dell’installazione sarebbe diventata di pubblico dominio solo con l’arrivo delle ruspe. La proprietaria dell’appezzamento di terra come si fa in questi casi ha ceduto il diritto di superficie ad una società che vi ha costruito il maxi-impianto. A nulla è valsa una diffida firmata dalle 50 famiglie che abitano Valle Cecchina, la zona di Monsampolo a ridosso della cantina sociale. Ad agosto l’impianto è stato realizzato ed altri quattro, come si evince da permessi di costruire reperibili anche on line, sul sito del Comune, sono stati rilasciati nella zona tra Vallone e Valle Cecchina. Un totale di cinque impianti, autorizzati prima del 16 luglio 2010, quando sono entrate in vigore le linee guida della Provincia di Ascoli che mettevano un freno al “pannello selvaggio”.

I cittadini sottolineano che sarebbe bastato un giorno in più per impedirne la nascita: non per astio verso la libertà di impresa, non per un improvviso accesso di “sindrome Nimby” contro il necessario ricorso alle energie rinnovabili. Ma solo per il desiderio di tutelare il paesaggio splendido nel quale si vive, nel quale magari si sono acquistate abitazioni proprio per la rilassante visuale.

“Non siamo contro le energie verdi – spiegano i residenti, capeggiati da Gesidia Michelangeli – purché non vadano a deturpare la vocazione rurale e le meraviglie paesaggistiche del nostro territorio. Per questo abbiamo anche presentato, noi tre famiglie confinanti con l’impianto, un ricorso al Tar per chiedere che sia tutto smantellato”.

Il legale dei residenti, Gabriella Ceneri, sta valutando le autorizzazioni rilasciate per capire se l’impianto poteva essere realizzato con il solo permesso a costruire del Comune. E cita la legge 241/90 sulla trasparenza dell’agire amministrativo. “Il Comune – come spiega il legale – non ha convocato alcuna riunione con i residenti per spiegare ed illustrare questi progetti”.

PERCHE' NESSUNO HA SUGGERITO QUESTO ALLA REGIONE MARCHE?

Cari amici , a tutti coloro che ancora fanno finta di non capire che una soluzione migliore per produrre energia pulita esiste:  anziché coprire il paesaggio agrario delle nostre colline con i  mega impianti fotovoltaici che determinano una profonda ferita al suolo agricolo, al paesaggio, al turismo  e alla economia AGRICOLA (da cui tutti dipendiamo ancor più che dalla energia), perchè non pensare di installarli lungo l'autostrada?


Anche qui nelle Marche forse sarebbe bastato chiedere alla società Autostrade di consentire alle pubbliche Amministrazioni di avvalersi di questo spazio utilizzato dai pannelli fonoassorbenti per installare chilometri quadrati di pannelli fotovoltaici. Questa poteva essere una delle opere compensative da pretendere in cambio della concessione della terza corsia ma a nessuno dei nostri lungimiranti e avvedutissimi politici è mai venuto in mente. Sono lì ancora a battersi per installare tutto e solo e sempre in ambito agricolo.Che ci siano degli strani interessi dietro ?  A pensare male  si fa peccato ...ma spesso ci si azzecca (Giulio Andreotti)
Guardate questa immagine di pannelli fotovoltici sulla autostrada del Brennero! La provincia di Bolzano, la più "fotovoltaizzata d'Italia",  ha il completo divieto di qualsiasi installazione a terra su suolo agricolo. Gli unici pannelli ammessi solo quelli su strutture industriali, fienili, case, ecc

Si accettano commenti e suggerimenti.



martedì 2 novembre 2010

Fotovoltaico Über Alles: cronache dall’anno 2010

http://www.rivieraoggi.it/2010/11/01/104436/fotovoltaico-uber-alles-cronache-dallanno-2010/

Dal quotidiano online http://www.rivieraoggi.it/, riportiamo un bell'articolo di satira sull'installazione del fotovoltaico nelle campagne
dal settimanale Riviera Oggi numero 844 uscito in edicola il 25 ottobre

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Il 2010 venne ricordato come l’anno del boom del fotovoltaico all’italiana. Vediamo nel dettaglio quali furono le principali caratteristiche di questo periodo memorabile. Gli storici intanto continuano ancora ad arrovellarsi sulle etichette e sulle definizioni: “L’alba del silicio”, “il magico mondo delle colline a specchio”, “la consapevolezza dell’inutilità dell’agricoltura nell’economia globale”.

Cerchiamo qui di ricostruire e definire meglio quel periodo, consci della chiara lucidità di pensiero che solo la distanza temporale dai fatti può dare.

TRIONFO DELL’ECOSOSTENIBILE Protocollo di Kyoto, riscaldamento globale, energie alternative. Fino a quel momento rimanevano vuote parole, enunciazioni di principio buone solo per tarpare le ali alla preoccupante Cina. Certo, ci fu qualcuno che timidamente provò a limitare le coperture fotovoltaiche ai tetti, agli stadi, ai capannoni industriali. Ci furono cittadini e comitati che provarono a far riflettere dall’alto della loro saccenza anti imprenditoriale. Ma il Rinascimento del silicio li spazzò via. La nuova frontiera stava lì, sulle colline. Da lì venne la nostra libertà energetica. Perché limitarsi a un tetto quando possiamo prenderci il Mondo?

Le colline picene furono la Firenze di questo nuovo Rinascimento. Irregolari declivi un tempo ubertosi di inutili e polverosi frutti lasciarono spazio a morbide distese di specchi, piste di atterraggio per Ufo sponsorizzati dall’Enel, comode tettoie calorose sotto le quali i giovani che conoscevano l’Amore iniziavano a prendere confidenza con Cupido.

VIGNE? PUSSA VIA Le vigne divennero prima utili biomasse da bruciare, poi dei vuoti ricordi di un passato arcaico. Ecco il leit motiv dei fautori di sviluppo, che ringraziamo con ardore.

“La ricerca scientifica ci ha donato la polverina rossa solubile dalla quale ricavare tonalità di vino tannico e odoroso di bosco, degno di verbose dispute dialettiche fra sommelier. Basta con le vigne, basta con lo schiavismo delle vendemmie, basta con i trattori inquinanti che per giunta fanno pure rallentare i nostri Suv mentre mordono i tornanti ripani o le salite acquavivane”.

Parlarono così gli Illuminati campioni del fotovoltaico, l’innovativa classe imprenditoriale, i mecenati dei pannelli solari, disposti a sacrificare denari e terra per donare benessere ed energia a tutti, in primis a loro stessi. I maligni postcomunisti sibilavano “facile parlare di innovazione se hai gli incentivi statali”, ma erano solo stalinisti che non comprendevano quanto sia bella e brava Mamma Roma. Insensibili, in definitiva.

TURISMO DEL SILICIO Basta con la vuota retorica del paesaggio, basta con la polverosa coltivazione diretta, basta con gli agriturismi. Il nuovo turismo piceno divenne la terra promessa per frotte di esteti e studiosi di arte post-postmoderna. Colline futuristiche, lastricate di specchi neri e scintillanti, cellule di energia allo stato puro. La perennemente litigiosa Penisola aveva bisogno di regolarità, di uniformità di vedute. Le colline fotovoltaiche picene ne divennero l’emblema. Basta con le disparità, basta con le vigne di qua e i pomodori di là. Lastre di pannelli dappertutto, fu così che finalmente si compì il sogno risorgimentale dell’unità d’Italia. Dalle Alpi a Lampedusa, uniti nel silicio.

IL PROVERBIALE ALTRUISMO DEI PICENI Imprenditori alle prese con la crisi superarono la crisi, quella loro e soprattutto quella dei produttori di pannelli solari tedeschi di vecchia generazione, ormai obsoleti. Gli altruisti Piceni se li papparono tutti. Fu una fulgida prova del loro altruismo. Altrettanto si poteva dire rispetto alla Cina. Aiutammo il gigante asiatico a sfoltire la sua superproduzione di ortaggi al Ddt e di uva alla stricnina. La importammo tutta noi. Idem nel turismo. C’era troppa negatività nelle italiche genti di quel tempo, e si comprese che dipendeva dall’invidia delle nordiche popolazioni che buttavano i loro risparmi per godere (che ingenuità) dei colori delle colline picene. Intanto gli inglesi non acquistavano più i casolari in Toscana e in Umbria perché glieli stavamo vendendo noi. Non potevamo però fare questo ai fratelli centroitalici, ne avrebbero sofferto troppo. Per non cagionare invidia in loro, eliminammo la ragione del contendere. Troppo turismo, doniamolo ad altre popolazioni bisognose. Fu questo un altro atto di somma generosità. Il silicio guarì le nostre anime e i nostri portafogli. Perdemmo le coltivazioni tipiche, ma chissenefrega. Nei discount si trovava comunque di tutto e di più. I sapori erano ben diversi da quelli di prima? Chissenefrega, l’abitudine rende insensibile il palato. E il silicio invece gonfia il portafoglio.

Le cantine chiusero e si cominciò a bere vino rosso del Malawi e vino bianco del Kirghizistan. Nessuno morì di sete.

Il silicio ci aiutò, il silicio ci salvò. Ora lo comprendiamo appieno. Facciamo un brindisi con questo vino vietnamita, cari amici miei. E poi tutti a pranzo da me. Sformato di carciofini transgenici delle campagne texane, arrosticini di pecora che ha brucato erba sintetica, deliziosa minestra di pomodori all’antiruggine. E poi, chi vuole, un bel pisolino all’ombra del pannello. Evviva.

giovedì 22 luglio 2010

NON UCCIDETE I PARCHI NAZIONALI!!!

NON UCCIDETE I PARCHI NAZIONALI!

abbiamo ricevuto e pubblichiamo un accorato appello in difesa dei nostri parchi nazionali

In ogni nazione i parchi nazionali sono il simbolo delle politiche di conservazione e di sviluppo
sostenibile.
In tutto il mondo i parchi nazionali rappresentano i più importanti serbatoi di biodiversità.
In tutto il mondo cresce il numero dei parchi nazionali nella convinzione sempre più diffusa
dell’importanza del loro ruolo per la salvezza della vita dell’intero pianeta.
Da circa un secolo donne e uomini in tutta Italia si adoperano per istituire, vitalizzare, sostenere i
parchi nazionali e le altre aree naturali protette. Questa azione ha conseguito risultati straordinari:
oggi 23 parchi nazionali gestiscono e tutelano il 5% del territorio nazionale; si è sviluppato un
movimento di operatori, di studiosi, di gestori, di associazioni che per professionalità e spirito
collaborativo rappresentano una grande ricchezza per tutto il paese; si sono attivati nuovi e crescenti
flussi turistici anche internazionali; si sono diffuse metodologie originali ed efficaci di formazione
delle giovani generazioni. I riconoscimenti che provengono da tutto il mondo testimoniano
l’importanza del sistema italiano delle aree protette e in particolare dei parchi nazionali.
Malgrado gli scarsissimi finanziamenti pubblici - che negli ultimi anni si sono progressivamente
ridotti proprio mentre è cresciuto il numero dei parchi nazionali - questi risultati si sono potuti
ottenere grazie alla passione, all’abnegazione, alla capacità innovativa di quel movimento.
Ma l’attuale manovra finanziaria del Governo dimezza d’un solo colpo il contributo statale
all’insieme dei parchi nazionali portandolo da 50 milioni di euro a 25 milioni, cioè al costo di
un solo km della inutile e devastante autostrada romea (Mestre-Orte) attualmente al vaglio
della Commissione VIA!
Inoltre il previsto taglio dei finanziamenti alle Regioni finirà per incidere pesantemente
sull’insieme delle aree protette e in particolare sui parchi regionali.
Così nell’anno internazionale della biodiversità, mentre il Ministro dell’Ambiente sottolinea
ufficialmente il ruolo fondamentale che i parchi svolgono per la tutela della biodiversità, il
Governo, di cui quel Ministro fa parte, li paralizza, anzi li strangola: con un finanziamento
ordinario medio di appena un milione di euro a testa i parchi nazionali non potranno far
fronte alle spese obbligatorie, neanche a quelle per il personale, e sarà loro precluso l’accesso
alle risorse aggiuntive e in particolare ai fondi comunitari.
La volontà sembra quella di eliminare chi strenuamente difende e sostiene la natura e il
territorio.
La misura è ancor più grave perchè assume una dimensione che non riguarda solo il nostro Paese: la
conservazione della natura e del paesaggio è percepita come valore universale, la tutela della
biodiversità non si arresta ai confini nazionali.
Noi,
che da anni siamo impegnati sul fronte dei parchi,
che operiamo quotidianamente nella gestione di essi,
che amiamo i parchi e ne siamo fruitori,
denunciamo la drammatica situazione in cui i parchi nazionali italiani vengono ridotti,
ci impegniamo a rappresentare questa situazione in tutte le sedi opportune, nazionali e
internazionali,
esigiamo che i parchi in Italia continuino a vivere, a rafforzarsi, a svolgere la propria insostituibile e
splendida missione nell’interesse di tutti e soprattutto delle generazioni future.
16.7.2010
Per adesioni: graziani@unimc.it

martedì 20 luglio 2010

DECISIONI PROVINCIALI SU INSTALLAZIONI FOTOVOLTAICO IN TERRENO AGRICOLO

Da http://www.sanbenedetto.oggi.it/ del 18-7-2101
http://www.rivieraoggi.it/2010/07/16/96468/il-fotovoltaico-divide-tutti-politici-e-categorie/

ASCOLI PICENO – Energie sostenibili,fonti rinnovabili, protocollo di Tokyo, tutela ambientale. A livello teorico sono parole che piacciono a tutti. Poi nel concreto, sembra impossibile trovare un accordo. Sarà che ognuno ha le proprie idee, oppure che dietro al fotovoltaico si cela un business tale che molte cose non possono essere lasciate al caso.

Sta di fatto che tutti sono divisi. Maggioranza e sinistra radicale vogliono evitare una proliferazione selvaggia e un deturpamento del paesaggio, oltre che la diminuzione di terreno da adibire all’agricoltura, e convergono sul limite dei 20 kw . Più libertà e soglie meno rigide chiedono invece Pd, Udc e Idv, che nella tarda mattinata di oggi, in conferenza stampa , hanno voluto ribadire a chiare lettere il loro punto di vista: «lo scorso 9 luglio il governo ha gettato delle linee guida, che dovranno essere recepite nella legislazione regionale entro 90 giorni. A questo proposito sarebbe opportuno attendere e prendere in considerazione tali linee guida e quindi rinviare la variante normativa che il consiglio di oggi è chiamato a votare». «Contestiamo anche la metodologia con cui sta procedendo questa Provincia. – aggiungono – In tutte le riunioni di commissione abbiamo chiesto il parere dell’ufficio tecnico, che però non è mai arrivato (sarà reso noto ai consiglieri durante il consiglio, ndr). Se si crede veramente nel fotovoltaico non possono esserci questi freni, di cui al momento non se ne vede l’esigenza. Non siamo di fronte ad un rischio di proliferazione selvaggia; si stanno al contrario creando falsi fantasmi e non si incentivano le forme di energia rinnovabile. Qualora dovessero esserci speculazioni o problemi di questo genere saremo i primi a denunciarli. Il tetto di 20 megawatt è ridicolo». Dalla parte di Pd,Udc e Idv molti operatori di imprese di istallazione di impianti fotovoltaici, che temono perdite di commissioni e poco lavoro e che hanno protestato di fronte a Palazzo San Filippo con cartelli e striscioni. Sull’altro fronte maggioranza e sinistra radicale sono d’accordo nel fatto che le soglie indicate siano utili a tenere a bada un fenomeno che altrimenti rischia di dilagare. Con loro le associazioni di agricoltori e gli operatori agrituristici. «La tutela del territorio è fondamentale – dicono – per salvaguardare una provincia che produce il 70% del prodotto agricolo regionale, e anche da un punto di vista paesaggistico rappresenta una risorsa per il turismo e per l’ambiente».

Interviene il presidente Celani: « non capisco tutte queste divisioni: una materia importante come questa richiede un dibattito sereno. Abbiamo discusso per oltre 40 giorni su questi argomenti,. Il parere tecnico esprime note negative solo per due aspetti che possono essere modificati durante questo consiglio; per il resto non va in contrasto con il contenuto del documento che è stato presentato. Non vedo la necessità di ulteriori rinvii».

giovedì 25 marzo 2010

QUALE FUTURO PER GLI AGRICOLTORI ITALIANI???




Pubblichiamo una amara riflessione che ci giunge da Massimo Serena, agricoltore.




Con i prezzi in caduta e la reddito delle aziende a picco, il bilancio del settore dal 2000 a oggi è la storia di un disastro. Del quale Berlusconi e il suo Governo non sembrano minimamente interessarsi. Come al solito grandi proclami, campagne mediatiche, il Ministro Zaia che addenta il McItaly (nuovo hamburger dall’americana McDonald), il “made in Italy” sbandierato a destra e a manca, ma dalla finanziaria solo pochi spiccioli, peraltro stornati da voci di spesa già destinate al settore agricolo.

Molte aziende agricole chiudono, scompaiono dai dati statistici, fagocitate dalla crisi e mettono a rischio l’autonomia alimentare del Paese, la conservazione ambientale del territorio, la stabilità geologica dei siti urbanizzati.

L’agricoltura è un settore strategico in tutte le economie del mondo, anche perché gli agricoltori presidiano il territorio e con saggezza millenaria lo gestiscono per conto di tutti. Ma la società italiana premia chi preferisce risolvere (anche a fini di potere e arricchimento personale) le grandi emergenze, piuttosto che sostenere una buona politica di amministrazione e di manutenzione ordinaria. E infatti del lavoro gratuito, anonimo, poco sfruttabile a fini propagandistici di centinaia di migliaia di agricoltori il nostro Governo sembra non interessarsi minimamente. Questa agricoltura non fa audience!!!!!!!

E “gli uomini del fare”che avrebbero potuto in tutti questi anni per l’appunto fare qualcosa per agevolare e sostenere i grandi sforzi di innovazione e di efficienza imprenditoriale degli operatori agricoli non hanno mosso un dito. In un anno in cui il grano viene pagato meno della paglia, nessuno della maggioranza parla della tragedia degli agricoltori e di interventi straordinari che possano aiutare questi ultimi a superare una crisi di proporzioni mai ricordate. Siamo ultimi in Europa e senza una politica agricola.

Solo le produzioni di nicchia, “eleganti”, particolari, spesso frutto di investimenti snob di capitali provenienti da attività diverse da quella agricola (e quindi senz’altro più redditizie!!!), vengono propagandate come grandi risultati. Ma la realtà della vera gente di campagna, che deve vivere dei proventi dell’impresa agricola, è data dai numeri.

Il reddito reale per addetto in agricoltura tra il 2005 e il 2007 nei 27 paesi europei è cresciuto del 7,7%, in Italia è sceso del 12,1%. Nel solo 2008 nell’Europa a 15, è sceso dello 0,2%, in Italia del 18,9%. L’export alimentare sta perdendo quota e nel 2008 è tornato allo stesso livello del 2000, coinvolgendo tutti i settori: vino cereali, olio. Il valore aggiunto per addetto è il più basso tra quelli dei nostri maggiori competitori europei (19.600 € contro i 26.000 della Spagna e i quasi 55.000 dei Paesi Bassi).

Anche gli agricoltori delle Marche e del Fermano stanno vivendo questo disastro e lo stanno pagando di tasca propria, mettendo mano ai capitali risparmiati faticosamente negli anni, come d’altra parte molti italiani. E debbono avere diritto a una pari dignità di imprenditori rispetto al mondo industriale e del settore terziario e a strumenti finanziari adeguati già in atto negli altri settori economici.

Quando si pubblicizzano le Marche nel mondo, la prima immagine che si utilizza, peculiare del nostro territorio, sono le nostre belle colline, coltivate con la passione e la perizia del giardiniere-agricoltore. Che però lavora in sordina e gratuitamente per tutti noi. E quando si vogliono attirare i turisti, che arrivano ormai numerosi ed entusiasti dalle nostre parti, si propagandano i nostri buoni cibi, frutto della dinamica capacità imprenditoriale di alcuni bravi piccoli agroindustriali delle nostre parti, ma anche della tradizione millenaria che li ha preceduti, della eccellenza delle materie prime che possono utilizzare come base delle trasformazioni.

E’ allora necessario che la Amministrazione Regionale intensifichi sempre di più i suoi sforzi per migliorare l’organizzazione e l’efficienza del settore agricolo, dando corpo a strumenti di pianificazione, organizzazione e supporto alle produzioni regionali. Sostenendo però anche a livello nazionale l’importanza di un settore economico che nell’epoca postindustriale risulta strategico per l’economia della nostra regione. Un settore portante della ormai famosa “green economy”, che sembra essere l’economia destinata a portarci fuori dalla crisi profonda in cui la vecchia economia speculativa e sfruttatrice delle risorse è precipitata.

Energie alternative e rinnovabili, qualità della vita come parametro per misurare il benessere dei cittadini, edilizia biodinamica e ad alta efficienza energetica, limitazione massima dello sfruttamento delle terre agricole a fini urbanistici, riqualificazione del territorio, qualità e sicurezza alimentare per i consumatori, sviluppo sostenibile dal punto di vista ecologico e ambientale: sono tutte voci di un futuro in cui gli agricoltori potranno essere protagonisti con la loro esperienza, conoscenza tecnologica, passione imprenditoriale.

Quindi cosa chiedono gli agricoltori? Ricerca, programmazione economica innovativa, snellimento delle pratiche burocratiche, incentivi alla organizzazione di una grande distribuzione di piccole produzioni locali qualificate, fissazione di prezzi minimi e di tempi di pagamento decenti per le materie prime conferite all’agroindustria, utilizzazione controllata di materie prime italiane nei prodotti tipici eno-gastronomici e dunque tracciabilità dei prodotti e lotta alla contraffazione, sostegno politico efficace alle esportazioni agricole e non più priorità di sostegno alle produzioni industriali, riduzione anche contingente e straordinaria degli oneri fiscali. E poi mercati di coltivatori, pubblicità del consumo alimentare a chilometri zero, utilizzazione dei prodotti locali nelle mense scolastiche, ospedaliere e aziendali, informazione alimentare nelle scuole a favore dei prodotti locali e di stagione.

Gli agricoltori marchigiani hanno bisogno di una Regione che li rappresenti a livello nazionale e comunitario e che li sostenga sempre di più nello sforzo di continuare a svolgere, con la dignità di un reddito decente, il compito che da millenni hanno saputo assolvere nell’interesse di tutta la società.

Massimo Serena
agricoltore in Fermo, candidato al Consiglio Regionale delle Marche

giovedì 3 dicembre 2009

Casse di Colmata e parco marino del Piceno

Pubblichiamo dal sito www.parcomarinopiceno.it un articolo di D. primavera relativo al problema della cassa di colmata a San Benedetto del Tronto e Parco Marino del Piceno.

"Secondo quanto stabilito dal Piano dei Porti regionale, alcuni dei porti più importanti (Ancona, Fano, San Benedetto del Tronto, Falconara Marittima) saranno dotati di "casse di colmata", strutture alternative alle discariche volte al conferimento dei fanghi di estrazione portuale. Tali strutture sono sottoposte a una normativa nazionale e regionale che ne disciplina l'istituzione, necessitando (a causa del consistente inquinamento dei suoli) di adeguate opere di impermeabilizzazione. Ad oggi (Settembre 2009) l'unica cassa di colmata effettivamente operativa, sulle cinque previste, è quella di San Benedetto del Tronto; la sua posizione, esterna all'area portuale, ricade quindi all'interno dell'area dell'istituendo parco marino. Questo pone dei seri interrogativi di compatibilità tra l'idea stessa di Parco Marino e la pratica delle "discariche in mare", ovvero le casse di colmata...
"Un'opportunità straordinaria", l'ha definita il Sindaco Gaspari in una conferenza stampa ufficiale. Ma la domanda è: per chi?
La cosiddetta "cassa di colmata" non è nient'altro che una discarica di fanghi inquinati derivanti dal dragaggio portuale. Com'è ben noto, all'interno dei porti la qualità delle acque è pessima a causa degli scarichi delle imbarcazioni a motore e dei tantissimi materiali che, più o meno accidentalmente, finiscono in mare nelle operazioni (vernici, reti, materiali metallici etc). Lo sanno bene i sambenedettesi, che mai mangerebbero pesce di stanza all'interno del bacino portuale. Nel tempo la frazione pesante di questi prodotti, per di più di natura industriale, si deposita sul fondo.
Quando si rendono necessarie le operazioni di escavo per liberare i porti dai sedimenti accumulati, secondo la prassi consolidata fino a pochi anni fa, i fanghi contaminati venivano interrati nelle discariche ordinarie o, quando la concentrazione di talune sostanze risultava eccessiva anche per la discarica ordinaria, venivano smaltiti come rifiuti speciali.
Di recente, a causa della scarsa capienza delle discariche, il governo italiano e molte regioni hanno reso possibile una possibilità di smaltimento alternativa: la cassa di colmata. Le ragioni di questa istituzione sono chiarissime: "lo smaltimento presso le discariche dei fanghi, previo trattamento finalizzato alla loro riduzione volumetrica, è previsto come soluzione in via di estremo subordine, perchè incide nella già grave carenza di discariche attive e disponibili a recepire la quantità stimata di rifiuti ordinari" (Del. Giunta Reg. n. 796 del 16 Luglio 2007). In parole povere, poichè le discariche sono piene, è necessario smaltire i fanghi altrove. Ma dove? Ma nelle casse di colmata, ovviamente.
Ora, poichè si tratta comunque di fanghi inquinati "da discarica", la Regione stessa dà precise indicazioni su come e dove costruire casse di colmata tentando di ridurne l'impatto, specificando, ad esempio, che queste devono essere completamente impermeabilizzate allo scopo di evitare l'ulteriore dispersione dei fanghi e dei materiali inquinanti. I materiali, poi, devono subire un processo di inertizzazione che li renda sostanzialmente "innocui", ad esempio mediante l'uso di calce viva. Tuttavia, così come le norme restrittive di una centrale nucleare non ci aiutano molti a sentirci tranquilli se ne abbiamo una a fianco, le rassicurazioni delle istituzioni sono solo parzialmente efficaci, e non implicano affatto che la scelta "cassa di colmata" sia automaticamente giusta e sicura.
Ma non è finita qui. La Regione Marche ha previsto ben cinque casse di colmata, dando anche un'ordine di priorità. Secondo la stessa delibera sopra citata, la prima in ordine di tempo sarebbe stata quella di Ancona. Sarebbero seguite le due casse di colmata necessarie al Porto di Fano. Per quarta sarebbe stata realizzata quella di San Benedetto; da ultima, qella meno importante di Senigallia. La realtà è che ad oggi, 1 Ottobre 2009, l'unica cassa di colmata ad essere stata realizzata è quella di San Benedetto, e la cosa grottesca è che altri porti hanno urgenza di scavare e dunque stanno portando la sabbia proprio qui. Il totale salirà di ulteriori 60.000 tonnellate, che si aggiungono (naturalmente) alle decine di migliaia di tonnellate della sabbia di dragaggio del porto sambenedettese.
Dunque, San Benedetto si trova ad avere il confortevole primato della più grande (ed unica) discarica portuale regionale attualmente in funzione, per un totale che lambisce le 100.000 tonnellate di materiali inquinati. E tutto questo in piena area di Parco Marino, grazie ad amministratori (comunali e regionali) che si sono sempre detti a favore dell'istituendo Parco; una zona nella quale, com'è ovvio per una riserva naturale, non è consentita alcuna opera di trasformazione della costa e degli equilibri idrogeologici.
La domanda dunque è se una discarica da decine di migliaia di tonnellate di materiale, e una piattaforma di alcune migliaia di metri quadri strappata al mare, rappresentino una alterazione della costa in conflitto col Parco Marino oppure no. Di certo non quadra molto immaginare che il regolamento del costituendo Parco, che disciplina in maniera rigida persino l'attività di pesca con la canna, sia compatibile con l'istituzione di una discarica da 100.000 tonnellate."

Dalla difesa della costa al turismo eco-compatibile: ipotesi di lavoro

Pubblichiamo da http://www.sanbenedettoggi.it/ del 2 dicembre 2009 (http://www.sambenedettoggi.it/2009/12/02/83424/dalla-difesa-della-costa-al-turismo-eco-compatibile-ipotesi-di-lavoro/)

Il primo Camp organizzato sabato 28 novembre a San Benedetto sulla Sostenibilità Ambientale ha avuto un buon successo di partecipanti e di ricchezza di contenuti. Presto si bissa
SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Politica è partecipazione. “Sostenibilità Ambientale Camp”, un primo esperimento di confronto orizzontale che si è tenuto sabato 28 novembre all'hotel Villa Corallo, sembra aver colto nel giusto. Assemblea molto partecipata (oltre sessanta presenti) con numerosi interventi spesso di alta qualità in relazione a tematiche ambientali caratteristiche di San Benedetto e dell'intero Piceno.
Motore dell'iniziativa l'imprenditore Nazzareno Torquati, che ha introdotto la giornata facendo riferimento ad un approccio politico innovativo necessario per non degradare ulteriormente la qualità dell'ambiente urbano e costiero.
Il dibattito che ne è seguito ha visto intervenire Pier Paolo Flammini, che ha illustrato l'avvio del percorso di Agenda 21 all'inizio del decennio, gli imprenditori alberghieri Marco Calvaresi sull'importanza di un decalogo di sostenibilità per le strutture turistiche e soprattutto per le nuove costruzioni, Umberto Scartozzi dell'Aot Grottammare riguardo la lotta al punteruolo rosso e sulla necessità di interventi non invasivi per la protezione della costa, Giuseppe Ricci dell'Itb che si batte per le scogliere sommerse rispetto a quelle classiche, Michele De Cosmo sui metodi di trattamento dei fanghi inquinanti, Gabriele Di Emidio dell'Assoalbergatori che si è mostrato critico sui progetti di protezione della costa a San Benedetto e nella zona Albula in particolare.
Molto interessanti i punti di vista relativi al Parco Marino del Piceno, con Nazzareno Ricci, Massimo Sciarra e Riego Gambini che hanno mostrato la propria amarezza per la recente decisione della Provincia di riavviare l'iter per la sua definizione. Altri interventi sono stati di Antonio Savino sul Piano Costiero Regionale, Romualdo Fanesi sulla cassa di colmata, Giorgio Mancini sulla necessità di creare un movimento di opinione per sensibilizzare circa le problematiche ambientali, Daniele Primavera ha posto l'accento sulla necessità di un vasto consenso popolare sulle scelte di intervento sulla natura.
Tra i vari amministratori invitati, sono stati presenti il presidente della Provincia Piero Celani, l'assessore provinciale al Turismo Bruno Gabrielli, i consiglieri comunali di San Benedetto Lina Lazzari e Daniele Primavera. Riguardo i primi due, nella loro risposta a chi aveva chiesto spiegazioni sul Parco Marino, hanno spiegato che a loro parere non si tratta di una bocciatura ma di una riflessione necessaria, ad esempio, per il fatto che alcuni comuni inizialmente favorevoli si sono tirati indietro, lasciando quindi scoperti dei tratti compresi tra altre cittadine della costa picena,
Prossimamente si svolgeranno altri tre Camp che avranno oggetti specifici su temi di estrema importanza per la realtà costiera: il Parco Marino, la lotta contro il punteruolo rosso, i nuovi interventi previsti a protezione della costa. Il tutto con l'obiettivo di lungo periodo di ultimare il processo di Agenda 21 e ultimare un Piano Strategico nell'ottica della sostenibilità ambientale.

mercoledì 11 novembre 2009

CONVEGNO PUBBLICO SULLA GESTIONE E PRIVATIZZAZIONE DELL'ACQUA


Il movimento LUOGHI COMUNI
Organizza a
Foce di Montemonaco
presso la Taverna della montagna

Domenica 22 Novembre 2009
dalle ore 10.30 alle 18.00

il
Convegno pubblico
sul tema:

ACQUA sangue della terra

Lo scopo è organizzare un ampio movimento territoriale:

· per una buona gestione pubblica
e partecipata delle risorse idriche

· per un uso delle acque in armonia
con la salvaguardia dei corsi d’acqua e dell’ambiente


Interverranno nel dibattito:
Esperti locali e nazionali, esponenti delle associazioni ambientaliste,
culturali, dei consumatori e dei cittadini,
rappresentanti dei lavoratori del servizio idrico,
esponenti delle forze politiche, rappresentanti delle istituzioni locali,
delle organizzazioni sociali ed economiche.


Tutti i cittadini sono invitati a partecipare

Per chi fosse interessato a raggiungere Foce di Montemonaco in pullman
e/o a pranzare presso la taverna della montagna è necessario prenotare.
Informazioni e prenotazioni:
tel.3285335706–3204395338 - mailto:%20info@luoghi-comuni.orghttp://www.luoghi-comuni.org/

giovedì 7 maggio 2009

LE MARCHE CONQUISTANO IL VERTICE DELLA CLASSIFICA DELLE BANDIERE BLU!!!!




Siamo molto contenti di apprendere oggi che anche quest'anno le Marche sono ai vertici della classifica delle Bandiere Blu 2009, assegnate dalla Fee, con 16 spiagge premiate, insieme a Toscana e Liguria.
Queste le spiagge marchigiane: Gabicce Mare, Pesaro, Fano, Mondolfo (Pesaro-Urbino); Senigallia, Sirolo, Numana (Ancona); Porto Recanati, Civitanova Marche, Potenza Picena-Porto Potenza Picena (Macerata); Porto S.Elpidio, Fermo, Porto San Giorgio, Grottammare, Cupra Marittima, San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno).(Per gli approdi sono menzionati il porto turistico di San Benedetto, Marina di Porto San Giorgio, Porto Turistico di Numana e Marina dei Cesari.
Rappresenta un degnissimo riconoscimento di sforzi che molti, operatori, provincia, regione, stanno facendo per sostenere la qualità ambientale del litorale. Ogni tanto qualcosa di positivo ci vuole!

giovedì 26 febbraio 2009

CENTRALE NUCLEARE NELLE MARCHE?






Pubblichiamo da: Sanbenedettoggi.it
L'assessore regionale all'Ambiente, Marco Amagliani, contrario all'ipotesi di centrali atomiche nelle Marche («Si parla di farne una a San Benedetto»): «Scelta antieconomica e antistorica, per avvantaggiare pochi a danno di molti».
ANCONA - La Regione Marche preferisce Obama a Berlusconi. Almeno sulla politica energetica. Mentre, infatti, il Presidente del Consiglio annunciata la costruzione di quattro centrali nucleari, la prima in funzione nel 2020, il presidente degli Stati Uniti segnava la svolta verso un futuro di energie rinnovabili (sole e vento in primis).
L'assessore Regionale all'Ambiente, Marco Amagliani, segnala il parere fortemente negativo della Regione Marche rispetto alle volontà del Presidente del Consiglio: «Il no deciso al nucleare è il risultato di un’analisi costi-benefici. Le motivazioni del no sono scientifiche e acclarate dai più eminenti scienziati: impianti già obsoleti per quando saranno realizzati, costi elevatissimi e sempre a crescere in un periodo di stretta economica, problema delle scorie da smaltire, quando in Italia non riusciamo nemmeno a smaltire i rifiuti organici, figuriamoci quelli radioattivi dove potrebbero finire!»
«Scienziati come Carlo Rubbia sono contrari. I problemi sono noti ai più: l’uranio è una risorsa scarsa, ai ritmi attuali sarà esaurito nel giro di 20 anni, giusto il tempo per l’Italia di costruire un paio di centrali. L’uranio è una risorsa presente in pochi, 4 o 5, paesi nel mondo, rendendo così molto ricattabili i paesi che lo usano a meno di voler mantenere all’infinito i conflitti in Niger e Congo. Le centrali hanno bisogno di enormi risorse idriche e l’Italia non ha praticamente fiumi adeguati, si tratterebbe di costruire centrali sulle coste o sul Po, zone, demograficamente o ambientalmente non adeguate».
«Inoltre, non è secondaria la questione legata ai miliardi di euro di traffici che si svilupperebbero attorno all’ ‘affare nucleare’ e che dubito si riesca a governare, se non si è riusciti finora a farlo con l’eco-mafia. Il nucleare è una scelta anti-economica (vantaggiosa solo per chi costruisce le centrali) rischiosa e anacronistica. Per questo, arrivo anche a pensare che ci sia un disegno preciso da parte degli apparati statali: quello di non promuovere, anzi di bloccare, la realizzazione di impianti per l’utilizzo di fonti rinnovabili (nelle Marche ne abbiamo più di un sentore con il diniego della Soprintendenza alla realizzazione di un impianto eolico)» sostiene l'assessore regionale all'Ambiente.
«Vi è poi da considerare che ancora non è stato risolto per tutti i vecchi siti italiani il problema della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi derivanti dalla produzione prima del 1987 - continua Amagliani - D’accordo, si potrà ribattere con il luogo comune che siamo attorniati da Paesi confinanti che adottano questo tipo di fonte energetica, che i rischi di incidenti e di nubi radioattive si corrono comunque, ma il problema delle scorie è vitale. Accumulare nuove scorie non è sensato quando non si sa ancora come smaltire quelle vecchie. C’è poi un fatto ancora più inquietante nelle Marche. E’ girata da mesi una notizia, poi anche pubblicata da qualche quotidiano nazionale in questi giorni: la mappa delle possibili centrali da realizzare in Italia ed una sarebbe nella zona di San Benedetto del Tronto, con l’aggravante che il sito coinciderebbe con la Riserva naturale della Sentina. Non solo, dunque, in una zona di interesse turistico a livello nazionale, ma per di più in un’area protetta!»
«L’unico sì che sentiamo convinto è quello alla riduzione dei consumi e alle fonti rinnovabili - termina l'esponente della giunta Spacca - Eolico e solare rappresentano infatti il vero futuro. Come abbiamo affermato con lungimiranza nei contenuti del Piano Energetico Ambientale regionale: energia fotovoltaica ed eolica che riducono l’inquinamento fino al 50-60% e consentono un forte risparmio energetico e quindi economico. E non è neanche sostenibile parlare di quarta generazione di centrali nucleari, che produrrebbero scorie eliminabili in molti meno anni rispetto a quelle provenienti dalle vecchie centrali. Sapete in quanti anni? “Poche” migliaia, prima che non siano più radioattive».


Aggiungiamo noi: in un'Italia dove non sappiamo ancora come smaltire le bucce di arancia, costruire una centrale è quantomeno pretenzioso!

La proporremmo ad Arcore, Sardegna, a Napoli... dove o sono molto contenti di averla, o sono molto allineati , o sono molto organizzati per la raccolta rifiuti normali, o a casa di Scajola (Imperia) , in maniera tale che insorga tutta la Liguria che vive completamente sul turismo (come San Benedetto del Tronto)!!!!!!!!!!!!!!!!