giovedì 3 dicembre 2009

Casse di Colmata e parco marino del Piceno

Pubblichiamo dal sito www.parcomarinopiceno.it un articolo di D. primavera relativo al problema della cassa di colmata a San Benedetto del Tronto e Parco Marino del Piceno.

"Secondo quanto stabilito dal Piano dei Porti regionale, alcuni dei porti più importanti (Ancona, Fano, San Benedetto del Tronto, Falconara Marittima) saranno dotati di "casse di colmata", strutture alternative alle discariche volte al conferimento dei fanghi di estrazione portuale. Tali strutture sono sottoposte a una normativa nazionale e regionale che ne disciplina l'istituzione, necessitando (a causa del consistente inquinamento dei suoli) di adeguate opere di impermeabilizzazione. Ad oggi (Settembre 2009) l'unica cassa di colmata effettivamente operativa, sulle cinque previste, è quella di San Benedetto del Tronto; la sua posizione, esterna all'area portuale, ricade quindi all'interno dell'area dell'istituendo parco marino. Questo pone dei seri interrogativi di compatibilità tra l'idea stessa di Parco Marino e la pratica delle "discariche in mare", ovvero le casse di colmata...
"Un'opportunità straordinaria", l'ha definita il Sindaco Gaspari in una conferenza stampa ufficiale. Ma la domanda è: per chi?
La cosiddetta "cassa di colmata" non è nient'altro che una discarica di fanghi inquinati derivanti dal dragaggio portuale. Com'è ben noto, all'interno dei porti la qualità delle acque è pessima a causa degli scarichi delle imbarcazioni a motore e dei tantissimi materiali che, più o meno accidentalmente, finiscono in mare nelle operazioni (vernici, reti, materiali metallici etc). Lo sanno bene i sambenedettesi, che mai mangerebbero pesce di stanza all'interno del bacino portuale. Nel tempo la frazione pesante di questi prodotti, per di più di natura industriale, si deposita sul fondo.
Quando si rendono necessarie le operazioni di escavo per liberare i porti dai sedimenti accumulati, secondo la prassi consolidata fino a pochi anni fa, i fanghi contaminati venivano interrati nelle discariche ordinarie o, quando la concentrazione di talune sostanze risultava eccessiva anche per la discarica ordinaria, venivano smaltiti come rifiuti speciali.
Di recente, a causa della scarsa capienza delle discariche, il governo italiano e molte regioni hanno reso possibile una possibilità di smaltimento alternativa: la cassa di colmata. Le ragioni di questa istituzione sono chiarissime: "lo smaltimento presso le discariche dei fanghi, previo trattamento finalizzato alla loro riduzione volumetrica, è previsto come soluzione in via di estremo subordine, perchè incide nella già grave carenza di discariche attive e disponibili a recepire la quantità stimata di rifiuti ordinari" (Del. Giunta Reg. n. 796 del 16 Luglio 2007). In parole povere, poichè le discariche sono piene, è necessario smaltire i fanghi altrove. Ma dove? Ma nelle casse di colmata, ovviamente.
Ora, poichè si tratta comunque di fanghi inquinati "da discarica", la Regione stessa dà precise indicazioni su come e dove costruire casse di colmata tentando di ridurne l'impatto, specificando, ad esempio, che queste devono essere completamente impermeabilizzate allo scopo di evitare l'ulteriore dispersione dei fanghi e dei materiali inquinanti. I materiali, poi, devono subire un processo di inertizzazione che li renda sostanzialmente "innocui", ad esempio mediante l'uso di calce viva. Tuttavia, così come le norme restrittive di una centrale nucleare non ci aiutano molti a sentirci tranquilli se ne abbiamo una a fianco, le rassicurazioni delle istituzioni sono solo parzialmente efficaci, e non implicano affatto che la scelta "cassa di colmata" sia automaticamente giusta e sicura.
Ma non è finita qui. La Regione Marche ha previsto ben cinque casse di colmata, dando anche un'ordine di priorità. Secondo la stessa delibera sopra citata, la prima in ordine di tempo sarebbe stata quella di Ancona. Sarebbero seguite le due casse di colmata necessarie al Porto di Fano. Per quarta sarebbe stata realizzata quella di San Benedetto; da ultima, qella meno importante di Senigallia. La realtà è che ad oggi, 1 Ottobre 2009, l'unica cassa di colmata ad essere stata realizzata è quella di San Benedetto, e la cosa grottesca è che altri porti hanno urgenza di scavare e dunque stanno portando la sabbia proprio qui. Il totale salirà di ulteriori 60.000 tonnellate, che si aggiungono (naturalmente) alle decine di migliaia di tonnellate della sabbia di dragaggio del porto sambenedettese.
Dunque, San Benedetto si trova ad avere il confortevole primato della più grande (ed unica) discarica portuale regionale attualmente in funzione, per un totale che lambisce le 100.000 tonnellate di materiali inquinati. E tutto questo in piena area di Parco Marino, grazie ad amministratori (comunali e regionali) che si sono sempre detti a favore dell'istituendo Parco; una zona nella quale, com'è ovvio per una riserva naturale, non è consentita alcuna opera di trasformazione della costa e degli equilibri idrogeologici.
La domanda dunque è se una discarica da decine di migliaia di tonnellate di materiale, e una piattaforma di alcune migliaia di metri quadri strappata al mare, rappresentino una alterazione della costa in conflitto col Parco Marino oppure no. Di certo non quadra molto immaginare che il regolamento del costituendo Parco, che disciplina in maniera rigida persino l'attività di pesca con la canna, sia compatibile con l'istituzione di una discarica da 100.000 tonnellate."

Mozione per il Parco marino del Piceno

Pubblichiamo dall'Associazione "Luoghi-Comuni" la mozione presentata in consiglio provinciale per l'istituzione del parco marino Piceno (http://www.picenoalmassimo.org/2009/10/mozione-per-il-parco-marino-del-piceno/)

Mozione per il Parco marino del Piceno
Pubblichiamo il testo della mozione urgente presentata a novembre 2009 dai consiglieri provinciali Rossi, Illuminati e Binari per l’istituzione dell’area marina protetta del piceno.


Il Consiglio Provinciale di Ascoli Piceno
Premesso che:
il forte ed imprescindibile legame con il mare che storicamente caratterizza le popolazioni del Piceno ha fornito ad esse sostentamento, opportunità di sviluppo e benessere da decine di generazioni;
ancora oggi, per le forti valenze turistica, produttiva, commerciale rivestite dalle attività connesse alla costa, il mare rappresenta direttamente ed indirettamente la fonte primaria di benessere della comunità cittadina;
lo sfruttamento indiscriminato di questa risorsa, perpetrato negli ultimi decenni, unitamente ai riflessi sulla stessa della forte urbanizzazione costiera, hanno fortemente ridotto la capacità di rigenerazione di quell’ambiente, oggi fortemente compromesso;
il Medio Adriatico rimane, nonostante tutto, un ambiente peculiare per i fondali sabbiosi e le specie ittiche che vi si stabiliscono, e che pertanto la salvaguardia di tale biodiversità e della catena biologica in cui è inserita è fondamentale per l’ecosistema marino;
per le suddette ragioni gli Enti locali della fascia costiera, coordinati dalla Provincia di Ascoli Piceno, sin dall’inizio degli anni ’90, profondendo notevole impegno e risorse finanziarie, hanno intrapreso un complesso e partecipato percorso amministrativo volto all’istituzione di un’innovativa area marina protetta nell’ambito della costa picena, concepita in modo tale da conciliare le esigenze di conservazione e salvaguardia delle risorse marine con la loro necessaria fruizione;
al termine di una laboriosa istruttoria, tale percorso è approdato nel Novembre 2008 all’elaborazione da parte del Ministero dell’Ambiente, dello schema definitivo del Decreto istitutivo dell’Area protetta, con relativa perimetrazione e regolamento d’indirizzo, che raccoglie sostanzialmente tutte le osservazioni ed i pareri degli Enti locali e tiene conto delle esigenze compatibili delle categorie produttive coinvolte;
l’istituzione dell’Area marina protetta del piceno, unitamente ad altre quattro aree per le quali, analogamente, si era in precedenza concluso l’iter istruttorio, ha subito nell’ultimo anno una battuta d’arresto a causa della scarsità di risorse a disposizione del Ministero dell’Ambiente per l’avvio delle stesse;
preso atto che:
si è recente individuata sufficiente copertura finanziaria per l’istituzione delle altre quattro aree protette di cui sopra, tra le quali quella di Torre Cerrano nella vicina provincia di Teramo, e che pertanto si è sbloccato il loro l’iter istitutivo;
ritenuto che:
le seppur minime risorse prevedibili nella legge finanziaria 2010 per dette finalità (in quanto una specifica dotazione è comunque prescritta dalla legge quadro) potranno dare finalmente copertura all’istituzione dell’Area marina protetta del piceno che al momento risulta essere l’unica già da tempo completamente istruita ;
sostenuto che:
il progetto di Area Marina Protetta “Costa del Piceno”, che nell’attuale perimetrazione coinvolge i tutti i Comuni costieri della Provincia, potrà offrire loro molteplici nuove e durature opportunità di sviluppo socio economico e possibilità occupazionali per i numerosi giovani appositamente formatisi presso la locale sede dell’Università di Camerino;
l’istituzione del cosiddetto Parco Marino assicurerà priorità di accesso a sempre crescenti linee di finanziamento nazionali e comunitarie volte ad una conversione ecologica delle attività economiche e produttive, nonché a programmi finalizzati al risanamento dei corsi d’acqua e al miglioramento della depurazione degli scarichi civili ed industriali, tali da garantire una migliore qualità delle acque e della costa, determinando dunque un miglioramento della qualità della vita dei cittadini,
Impegna il Presidente e la Giunta Provinciale
ad attivarsi tempestivamente e con determinazione per l’istituzione del “Parco Marino del Piceno” cosi come progettato dal Ministero dell’Ambiente, congiuntamente all’Amministrazione Provinciale di Fermo coinvolta nello stesso progetto con i Comuni aderenti di Campofilone, Pedaso ed Altidona;
a chiedere al Ministro dell’Ambiente il tempestivo inoltro dello schema di Decreto istitutivo alla Conferenza Unificata per l’espressione del parere di propria competenza, nonché la copertura finanziaria dei costi di avvio dell’area protetta sullo specifico capitolo del prossimo Bilancio dello Stato 2010;
a dare indirizzo alle Amministrazioni comunali interessate, nel pieno rispetto dei ruoli competenti, di agire già nelle more dell’istituzione dell’area protetta in conformità e coerenza a quanto previsto dal suddetto Regolamento, non promuovendo, incentivando o favorendo alcuna attività che entri in conflitto con le previsioni dello stesso.

Torquati: «Violato l'ecosistema marino? Nel caso, agiremo contro i responsabili»


Pubblichiamo da ww.sanbendettoggi.itdel 3-12-09 articolo di annalisa cameli ( http://www.sambenedettoggi.it/2009/12/03/83450/torquati-%c2%abviolato-lecosistema-marino-nel-caso-agiremo-contro-i-responsabili%c2%bb/)

«Il ripascimento delle spiagge e cassa di colmata dimostrano la totale mancanza di attenzione sulle caratteristiche fisicheo, chimiche e biologiche delle aree marine», afferma Torquati, dal Comitato Salvaguardia Costa Picena. Pubblichiamo il Pdf.
GROTTAMMARE – Ancora cassa di colmata e ripascimento delle spiaggie, due “casi difficili” su cui in molti vorrebbero vederci più chiaro. Se è infatti vero che, secondo le ultime dichiarazioni (tra cui la nostra intervista al sindaco Merli pubblicata sul settimanale Riviera Ogi), il progetto viene dalla Regione e non poteva essere rifiutato, dall’altra comitati, associazioni, privati e cittadini si domandano se effettivamente erano necessari e, soprattutto, se non abbiano procurato un danno alle nostre coste.
Non da ultimo il Comitato Salvaguardia Costa Picena che, con la voce di Nazzareno Torquati, porta ulteriori domande riguardo il ripascimento delle spiagge e la cassa di colmata, in riferimento al Parco Marino del Piceno: «Il lato tragico di queste due situazioni – afferma - riguarda la totale mancanza di attenzione sulle caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche delle aree marine soggette a queste operazioni. Nell’ambito delle procedure per l’istituzione del Parco Marino furono evidenziate le particolarità naturali della costa picena con le colline plioceniche formate da sabbie e ghiaie ciottolose che scivolavano in mare a formare biotopi di grandissimo valore naturalistico. Direttamente sul mare vi era insediata poi quella che viene definita biocenosi, che poi non sarebbe altro che un insieme di popolazioni marine di specie diverse che vivono nello stesso habitat dopo millenni di adattamento alle particolari caratteristiche dei sedimenti e delle sabbie».
Nella relazione del Cnr di Ancona, realizzata nel 2001, che comprende il tratto di mare tra le foci dei fiumi Chienti e Salinello fino a 3 miglia dalla costa, per una superficie complessiva di circa 300 chilometri quadrati, si legge della presenza anche di specie animali rare, come la Phyllodoce kosteriensis, finora conosciuto in Italia solo per il Mar Ligure (prima segnalazione per il Mar Adriatico).
«Tutto questo – continua Torquati - è quasi sicuramente stato provocato dalle sabbie nere del ripascimento messe lì per permettere di ricavare una decina di metri di spiaggia a favore di stabilimenti balneari che in quel luogo non dovevano esserci. Operazione pagata con soldi pubblici, con soldi nostri. Ma l'interesse non è pubblico, come si capisce».
«Comunque – conclude - ci attiveremo per fare le verifiche del caso e se verrà dimostrata anche una minima alterazione dell’ecosistema marino agiremo di conseguenza contro quanti ai diversi livelli ne saranno ritenuti responsabili».

Dalla difesa della costa al turismo eco-compatibile: ipotesi di lavoro

Pubblichiamo da http://www.sanbenedettoggi.it/ del 2 dicembre 2009 (http://www.sambenedettoggi.it/2009/12/02/83424/dalla-difesa-della-costa-al-turismo-eco-compatibile-ipotesi-di-lavoro/)

Il primo Camp organizzato sabato 28 novembre a San Benedetto sulla Sostenibilità Ambientale ha avuto un buon successo di partecipanti e di ricchezza di contenuti. Presto si bissa
SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Politica è partecipazione. “Sostenibilità Ambientale Camp”, un primo esperimento di confronto orizzontale che si è tenuto sabato 28 novembre all'hotel Villa Corallo, sembra aver colto nel giusto. Assemblea molto partecipata (oltre sessanta presenti) con numerosi interventi spesso di alta qualità in relazione a tematiche ambientali caratteristiche di San Benedetto e dell'intero Piceno.
Motore dell'iniziativa l'imprenditore Nazzareno Torquati, che ha introdotto la giornata facendo riferimento ad un approccio politico innovativo necessario per non degradare ulteriormente la qualità dell'ambiente urbano e costiero.
Il dibattito che ne è seguito ha visto intervenire Pier Paolo Flammini, che ha illustrato l'avvio del percorso di Agenda 21 all'inizio del decennio, gli imprenditori alberghieri Marco Calvaresi sull'importanza di un decalogo di sostenibilità per le strutture turistiche e soprattutto per le nuove costruzioni, Umberto Scartozzi dell'Aot Grottammare riguardo la lotta al punteruolo rosso e sulla necessità di interventi non invasivi per la protezione della costa, Giuseppe Ricci dell'Itb che si batte per le scogliere sommerse rispetto a quelle classiche, Michele De Cosmo sui metodi di trattamento dei fanghi inquinanti, Gabriele Di Emidio dell'Assoalbergatori che si è mostrato critico sui progetti di protezione della costa a San Benedetto e nella zona Albula in particolare.
Molto interessanti i punti di vista relativi al Parco Marino del Piceno, con Nazzareno Ricci, Massimo Sciarra e Riego Gambini che hanno mostrato la propria amarezza per la recente decisione della Provincia di riavviare l'iter per la sua definizione. Altri interventi sono stati di Antonio Savino sul Piano Costiero Regionale, Romualdo Fanesi sulla cassa di colmata, Giorgio Mancini sulla necessità di creare un movimento di opinione per sensibilizzare circa le problematiche ambientali, Daniele Primavera ha posto l'accento sulla necessità di un vasto consenso popolare sulle scelte di intervento sulla natura.
Tra i vari amministratori invitati, sono stati presenti il presidente della Provincia Piero Celani, l'assessore provinciale al Turismo Bruno Gabrielli, i consiglieri comunali di San Benedetto Lina Lazzari e Daniele Primavera. Riguardo i primi due, nella loro risposta a chi aveva chiesto spiegazioni sul Parco Marino, hanno spiegato che a loro parere non si tratta di una bocciatura ma di una riflessione necessaria, ad esempio, per il fatto che alcuni comuni inizialmente favorevoli si sono tirati indietro, lasciando quindi scoperti dei tratti compresi tra altre cittadine della costa picena,
Prossimamente si svolgeranno altri tre Camp che avranno oggetti specifici su temi di estrema importanza per la realtà costiera: il Parco Marino, la lotta contro il punteruolo rosso, i nuovi interventi previsti a protezione della costa. Il tutto con l'obiettivo di lungo periodo di ultimare il processo di Agenda 21 e ultimare un Piano Strategico nell'ottica della sostenibilità ambientale.

L'ASSOCIAZIONE LUOGHI COMUNI invita i consigli comunali del Piceno ad impedire la privatizzazione dell’acqua

I Comuni possono fare la loro parte perché l’acqua non venga privatizzata ed, anzi, ne sia garantita una buona gestione pubblica, in grado di assicurarne qualità e tariffe accessibili a tutti. A questa ferma convinzione si è giunti al convegno organizzato a Foce di Montemonaco dall’Associazione Luoghi Comuni, lo scorso 22 novembre 2009.
Durante l’incontro cittadini ed amministratori hanno ritenuto indispensabile coordinarsi anche sul territorio Piceno affinchè si condividano azioni ed iniziative in questo senso. Prima fra tutte, quella di proporre a tutte le Amministrazioni Comunali del nostro territorio di indire apposite sedute dei Consigli Comunali nell’ambito delle quali si tratti in modo aperto di tale argomento affinché si accresca la coscienza dei cittadini riguardo l’importanza dell’uso e della gestione responsabile e partecipata dell’acqua. Con questa sollecitazione Luoghi Comuni intende ribadire le sue posizioni rispetto alla inderogabile necessità che il servizio idrico rimanga “in mani pubbliche”.
In questi giorni l’associazione sta inviando a tutti i sindaci della provincia di Ascoli Piceno una proposta di mozione affinchè i Consigli Comunali dichiarino l’acqua bene comune pubblico e la classifichino come bene di rilevanza non economica. In tal modo gli enti locali hanno la possibilità di impedire che nel giro dei due anni previsti dalla legge 135/2009, recentemente approvata, la gestione delle risorse idriche passi, con affidamenti pluridecennali, ad imprenditori o società, cadendo, di fatto, nelle mani di un monopolio privato orientato al profitto, che non è difficile ipotizzare sarà controllato dalle tre o quattro multinazionali attive nel settore.
Giuridicamente strategico per sterilizzare gli effetti deleteri della normativa nazionale è che i servizi idrici non vengano messi sullo stesso piano degli altri servizi pubblici locali come gas e trasporto. La mozione proposta invita a ribadire che l’acqua è un bene comune di primaria necessità per ogni essere vivente e come tale indisponibile. Ciò lo esclude, per via della sua particolare natura, da quelli esposti alle regole del mercato e, dunque, dall’obbligo imposto a tutti i Comuni entro il 31 dicembre 2011 dalla legge 135/2009, di ricorrere ad una gara d’appalto per aggiudicarne la gestione al miglior offerente, affidando così l’acqua ad un monopolista privato, che come dimostrano le numerose esperienze italiane e straniere ne disporrà secondo la propria necessità, probabilmente non tenendo in considerazione la qualità del servizio e il contenimento delle tariffe.
Non a caso in moltissime realtà d’Europa, prima fra tutte Parigi, si sta tornando alla gestione pubblica dell’acqua. Nella capitale francese infatti dopo 25 anni di pessima e costosa gestione privata si sta municipalizzando l’acquedotto con un risparmio di oltre 30 milioni di euro l’anno che verranno investiti per migliorare la rete distributiva. L’approvazione della mozione da parte dei Consigli Comunali avvicinerebbe dunque il Piceno non solo a molti altri territori europei, ma anche ai numerosi enti locali italiani che, con forte ed unanime determinazione, sono impegnati a contrastare il processo di privatizzazione ed a far sì che il Legislatore nazionale torni sui propri passi.
( Dalla relazione dell'Associazione Luoghi comuni-Foce di montemonaco 22 novembre 2009; http://www.picenoalmassimo.org/)

PARCO MARINO PICENO: l’amministrazione Celani calpesta la volontà dei Comuni costieri

Nella seduta del Consiglio Provinciale di giovedì scorso, la maggioranza ( PDL e MAP) ha bocciato la mozione presentata dai consiglieri Illuminati,Rossi e Binari sull’istituzione del Parco Marino “Costa del Piceno”.In sostanza si chiedeva all’Amministrazione Provinciale di attivarsi presso il Ministero dell’Ambiente affinché nel bilancio dello Stato del 2010 fossero reperite le risorse necessarie per i costi dell’avvio dell’area protetta, in quanto il suo iter si è concluso già dal novembre 2008 con l’approvazione da parte dello stesso Ministero dello “schema definitivo del Decreto istitutivo dell’Area Marina Protetta”.
Le argomentazioni portate dall’Amministrazione Celani per la bocciatura della mozione risultano fortemente strumentali in quanto; si dice che” visto il lungo periodo intercorso è necessario sentire le amministrazioni comunali interessate, se ritengono ancora valido il progetto”, ciò è assurdo visto che tutti i Comuni costieri (San Benedetto del Tronto, Grottammare, Cupra Marittima, Massignano, Campofilone, Pedaso e Altidona) hanno appena un anno fa approvato tale progetto con apposite delibere; si dice che” è necessario sentire il parere degli operatori economici e delle associazioni di categoria interessate”, ma sa bene che tutti gli attori del territorio sono stati coinvolti nell’iter istitutivo attraverso partecipate riunione periodiche e hanno dato il loro assenso solo dopo l’accoglimento delle numerose istanze da essi formulate.
In particolare i pescatori del comparto “piccola pesca” hanno dato parere favorevole al Parco Marino ben sapendo che la loro attività sarà consentita ovunque, esclusa la zona A che ha un estensione di 1,5 kq su un totale di 153 (l’1% dell’intera area), così come le vongolare (turbosoffianti) che non potranno pescare solo sulle aree A-B-C per un’estensione di kq 24,5 il 16% dell’area.
L’Amministrazione Celani, contraria al Parco Marino, ha di fatto calpestato la volontà dei Comuni costieri, assumendosi gravi responsabilità, infatti se non adeguatamente supportato il nostro progetto potrebbe rimanere indietro nella graduatoria dei finanziamenti, in quando in Italia oltre alle 29 Aree Marine Protette già istituite ce ne sono altre 14 con procedimenti avanzati, se ciò avvenisse si perderebbe un’occasione unica per il nostro territorio di un’uscita in avanti dalla crisi.
Si perderebbe la possibilità di realizzare un progetto che guarda al futuro, infatti in esso vedrebbero la luce tecniche e metodi di pesca innovativi, nuove tecniche di navigazione, ma soprattutto si perderebbe l’occasione di ripopolare il nostro mare e ristabilire con esso quel rapporto tra uomo e natura fortemente compromesso in questi anni dall’inquinamento causato dai fiumi, che perderebbero concrete possibilità di finanziamenti per il loro risanamento, e dallo sforzo di pesca che lo ha fortemente impoverito.
Siamo comunque fiduciosi che questo non accadrà, i Comuni, anche con l’apporto dei nostri consiglieri, saranno in grado di portare avanti il Parco Marino nonostante l’inerzia dimostrata dell’Amministrazione Provinciale.
Certo è che, avanti di questo passo, l’Amministrazione Celani, con questo modo di procedere, darà purtroppo un argomento in più a quanti, oggi in Italia, sostengono l’inutilità delle Provincie.