venerdì 10 dicembre 2010

Colline ricoperte dal fotovoltaico: a Monsampolo i cittadini si ribellano

Dal http://www.rivieraoggi.it/ del 21 novembre 2010

Bellissimi paesaggi che rischiano di vedere compromessa la propria anima. Tutto questo è giusto? È energia alternativa oppure è uno scempio? Per un gruppo di residenti è buona la seconda: partono i ricorsi


di: Oliver Panichi 21 novembre 2010 @13:10MONSAMPOLO – Un nuovo campo fotovoltaico che cambia l’anima delle splendide colline (ce le invidiano tutti, ma forse non sappiamo tutelarle abbastanza?) fra Acquaviva, Monsampolo e Monteprandone.

Una nuova distesa di pannelli fotovoltaici al posto delle colture, delle vigne, del paesaggio, ben 3300 pannelli dalla potenza installata di 792 kilowatt.

Secondo quanto riferisce una nota diffusa dai residenti della zona, la notizia dell’installazione sarebbe diventata di pubblico dominio solo con l’arrivo delle ruspe. La proprietaria dell’appezzamento di terra come si fa in questi casi ha ceduto il diritto di superficie ad una società che vi ha costruito il maxi-impianto. A nulla è valsa una diffida firmata dalle 50 famiglie che abitano Valle Cecchina, la zona di Monsampolo a ridosso della cantina sociale. Ad agosto l’impianto è stato realizzato ed altri quattro, come si evince da permessi di costruire reperibili anche on line, sul sito del Comune, sono stati rilasciati nella zona tra Vallone e Valle Cecchina. Un totale di cinque impianti, autorizzati prima del 16 luglio 2010, quando sono entrate in vigore le linee guida della Provincia di Ascoli che mettevano un freno al “pannello selvaggio”.

I cittadini sottolineano che sarebbe bastato un giorno in più per impedirne la nascita: non per astio verso la libertà di impresa, non per un improvviso accesso di “sindrome Nimby” contro il necessario ricorso alle energie rinnovabili. Ma solo per il desiderio di tutelare il paesaggio splendido nel quale si vive, nel quale magari si sono acquistate abitazioni proprio per la rilassante visuale.

“Non siamo contro le energie verdi – spiegano i residenti, capeggiati da Gesidia Michelangeli – purché non vadano a deturpare la vocazione rurale e le meraviglie paesaggistiche del nostro territorio. Per questo abbiamo anche presentato, noi tre famiglie confinanti con l’impianto, un ricorso al Tar per chiedere che sia tutto smantellato”.

Il legale dei residenti, Gabriella Ceneri, sta valutando le autorizzazioni rilasciate per capire se l’impianto poteva essere realizzato con il solo permesso a costruire del Comune. E cita la legge 241/90 sulla trasparenza dell’agire amministrativo. “Il Comune – come spiega il legale – non ha convocato alcuna riunione con i residenti per spiegare ed illustrare questi progetti”.

PERCHE' NESSUNO HA SUGGERITO QUESTO ALLA REGIONE MARCHE?

Cari amici , a tutti coloro che ancora fanno finta di non capire che una soluzione migliore per produrre energia pulita esiste:  anziché coprire il paesaggio agrario delle nostre colline con i  mega impianti fotovoltaici che determinano una profonda ferita al suolo agricolo, al paesaggio, al turismo  e alla economia AGRICOLA (da cui tutti dipendiamo ancor più che dalla energia), perchè non pensare di installarli lungo l'autostrada?


Anche qui nelle Marche forse sarebbe bastato chiedere alla società Autostrade di consentire alle pubbliche Amministrazioni di avvalersi di questo spazio utilizzato dai pannelli fonoassorbenti per installare chilometri quadrati di pannelli fotovoltaici. Questa poteva essere una delle opere compensative da pretendere in cambio della concessione della terza corsia ma a nessuno dei nostri lungimiranti e avvedutissimi politici è mai venuto in mente. Sono lì ancora a battersi per installare tutto e solo e sempre in ambito agricolo.Che ci siano degli strani interessi dietro ?  A pensare male  si fa peccato ...ma spesso ci si azzecca (Giulio Andreotti)
Guardate questa immagine di pannelli fotovoltici sulla autostrada del Brennero! La provincia di Bolzano, la più "fotovoltaizzata d'Italia",  ha il completo divieto di qualsiasi installazione a terra su suolo agricolo. Gli unici pannelli ammessi solo quelli su strutture industriali, fienili, case, ecc

Si accettano commenti e suggerimenti.



martedì 2 novembre 2010

Fotovoltaico Über Alles: cronache dall’anno 2010

http://www.rivieraoggi.it/2010/11/01/104436/fotovoltaico-uber-alles-cronache-dallanno-2010/

Dal quotidiano online http://www.rivieraoggi.it/, riportiamo un bell'articolo di satira sull'installazione del fotovoltaico nelle campagne
dal settimanale Riviera Oggi numero 844 uscito in edicola il 25 ottobre

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Il 2010 venne ricordato come l’anno del boom del fotovoltaico all’italiana. Vediamo nel dettaglio quali furono le principali caratteristiche di questo periodo memorabile. Gli storici intanto continuano ancora ad arrovellarsi sulle etichette e sulle definizioni: “L’alba del silicio”, “il magico mondo delle colline a specchio”, “la consapevolezza dell’inutilità dell’agricoltura nell’economia globale”.

Cerchiamo qui di ricostruire e definire meglio quel periodo, consci della chiara lucidità di pensiero che solo la distanza temporale dai fatti può dare.

TRIONFO DELL’ECOSOSTENIBILE Protocollo di Kyoto, riscaldamento globale, energie alternative. Fino a quel momento rimanevano vuote parole, enunciazioni di principio buone solo per tarpare le ali alla preoccupante Cina. Certo, ci fu qualcuno che timidamente provò a limitare le coperture fotovoltaiche ai tetti, agli stadi, ai capannoni industriali. Ci furono cittadini e comitati che provarono a far riflettere dall’alto della loro saccenza anti imprenditoriale. Ma il Rinascimento del silicio li spazzò via. La nuova frontiera stava lì, sulle colline. Da lì venne la nostra libertà energetica. Perché limitarsi a un tetto quando possiamo prenderci il Mondo?

Le colline picene furono la Firenze di questo nuovo Rinascimento. Irregolari declivi un tempo ubertosi di inutili e polverosi frutti lasciarono spazio a morbide distese di specchi, piste di atterraggio per Ufo sponsorizzati dall’Enel, comode tettoie calorose sotto le quali i giovani che conoscevano l’Amore iniziavano a prendere confidenza con Cupido.

VIGNE? PUSSA VIA Le vigne divennero prima utili biomasse da bruciare, poi dei vuoti ricordi di un passato arcaico. Ecco il leit motiv dei fautori di sviluppo, che ringraziamo con ardore.

“La ricerca scientifica ci ha donato la polverina rossa solubile dalla quale ricavare tonalità di vino tannico e odoroso di bosco, degno di verbose dispute dialettiche fra sommelier. Basta con le vigne, basta con lo schiavismo delle vendemmie, basta con i trattori inquinanti che per giunta fanno pure rallentare i nostri Suv mentre mordono i tornanti ripani o le salite acquavivane”.

Parlarono così gli Illuminati campioni del fotovoltaico, l’innovativa classe imprenditoriale, i mecenati dei pannelli solari, disposti a sacrificare denari e terra per donare benessere ed energia a tutti, in primis a loro stessi. I maligni postcomunisti sibilavano “facile parlare di innovazione se hai gli incentivi statali”, ma erano solo stalinisti che non comprendevano quanto sia bella e brava Mamma Roma. Insensibili, in definitiva.

TURISMO DEL SILICIO Basta con la vuota retorica del paesaggio, basta con la polverosa coltivazione diretta, basta con gli agriturismi. Il nuovo turismo piceno divenne la terra promessa per frotte di esteti e studiosi di arte post-postmoderna. Colline futuristiche, lastricate di specchi neri e scintillanti, cellule di energia allo stato puro. La perennemente litigiosa Penisola aveva bisogno di regolarità, di uniformità di vedute. Le colline fotovoltaiche picene ne divennero l’emblema. Basta con le disparità, basta con le vigne di qua e i pomodori di là. Lastre di pannelli dappertutto, fu così che finalmente si compì il sogno risorgimentale dell’unità d’Italia. Dalle Alpi a Lampedusa, uniti nel silicio.

IL PROVERBIALE ALTRUISMO DEI PICENI Imprenditori alle prese con la crisi superarono la crisi, quella loro e soprattutto quella dei produttori di pannelli solari tedeschi di vecchia generazione, ormai obsoleti. Gli altruisti Piceni se li papparono tutti. Fu una fulgida prova del loro altruismo. Altrettanto si poteva dire rispetto alla Cina. Aiutammo il gigante asiatico a sfoltire la sua superproduzione di ortaggi al Ddt e di uva alla stricnina. La importammo tutta noi. Idem nel turismo. C’era troppa negatività nelle italiche genti di quel tempo, e si comprese che dipendeva dall’invidia delle nordiche popolazioni che buttavano i loro risparmi per godere (che ingenuità) dei colori delle colline picene. Intanto gli inglesi non acquistavano più i casolari in Toscana e in Umbria perché glieli stavamo vendendo noi. Non potevamo però fare questo ai fratelli centroitalici, ne avrebbero sofferto troppo. Per non cagionare invidia in loro, eliminammo la ragione del contendere. Troppo turismo, doniamolo ad altre popolazioni bisognose. Fu questo un altro atto di somma generosità. Il silicio guarì le nostre anime e i nostri portafogli. Perdemmo le coltivazioni tipiche, ma chissenefrega. Nei discount si trovava comunque di tutto e di più. I sapori erano ben diversi da quelli di prima? Chissenefrega, l’abitudine rende insensibile il palato. E il silicio invece gonfia il portafoglio.

Le cantine chiusero e si cominciò a bere vino rosso del Malawi e vino bianco del Kirghizistan. Nessuno morì di sete.

Il silicio ci aiutò, il silicio ci salvò. Ora lo comprendiamo appieno. Facciamo un brindisi con questo vino vietnamita, cari amici miei. E poi tutti a pranzo da me. Sformato di carciofini transgenici delle campagne texane, arrosticini di pecora che ha brucato erba sintetica, deliziosa minestra di pomodori all’antiruggine. E poi, chi vuole, un bel pisolino all’ombra del pannello. Evviva.

giovedì 22 luglio 2010

NON UCCIDETE I PARCHI NAZIONALI!!!

NON UCCIDETE I PARCHI NAZIONALI!

abbiamo ricevuto e pubblichiamo un accorato appello in difesa dei nostri parchi nazionali

In ogni nazione i parchi nazionali sono il simbolo delle politiche di conservazione e di sviluppo
sostenibile.
In tutto il mondo i parchi nazionali rappresentano i più importanti serbatoi di biodiversità.
In tutto il mondo cresce il numero dei parchi nazionali nella convinzione sempre più diffusa
dell’importanza del loro ruolo per la salvezza della vita dell’intero pianeta.
Da circa un secolo donne e uomini in tutta Italia si adoperano per istituire, vitalizzare, sostenere i
parchi nazionali e le altre aree naturali protette. Questa azione ha conseguito risultati straordinari:
oggi 23 parchi nazionali gestiscono e tutelano il 5% del territorio nazionale; si è sviluppato un
movimento di operatori, di studiosi, di gestori, di associazioni che per professionalità e spirito
collaborativo rappresentano una grande ricchezza per tutto il paese; si sono attivati nuovi e crescenti
flussi turistici anche internazionali; si sono diffuse metodologie originali ed efficaci di formazione
delle giovani generazioni. I riconoscimenti che provengono da tutto il mondo testimoniano
l’importanza del sistema italiano delle aree protette e in particolare dei parchi nazionali.
Malgrado gli scarsissimi finanziamenti pubblici - che negli ultimi anni si sono progressivamente
ridotti proprio mentre è cresciuto il numero dei parchi nazionali - questi risultati si sono potuti
ottenere grazie alla passione, all’abnegazione, alla capacità innovativa di quel movimento.
Ma l’attuale manovra finanziaria del Governo dimezza d’un solo colpo il contributo statale
all’insieme dei parchi nazionali portandolo da 50 milioni di euro a 25 milioni, cioè al costo di
un solo km della inutile e devastante autostrada romea (Mestre-Orte) attualmente al vaglio
della Commissione VIA!
Inoltre il previsto taglio dei finanziamenti alle Regioni finirà per incidere pesantemente
sull’insieme delle aree protette e in particolare sui parchi regionali.
Così nell’anno internazionale della biodiversità, mentre il Ministro dell’Ambiente sottolinea
ufficialmente il ruolo fondamentale che i parchi svolgono per la tutela della biodiversità, il
Governo, di cui quel Ministro fa parte, li paralizza, anzi li strangola: con un finanziamento
ordinario medio di appena un milione di euro a testa i parchi nazionali non potranno far
fronte alle spese obbligatorie, neanche a quelle per il personale, e sarà loro precluso l’accesso
alle risorse aggiuntive e in particolare ai fondi comunitari.
La volontà sembra quella di eliminare chi strenuamente difende e sostiene la natura e il
territorio.
La misura è ancor più grave perchè assume una dimensione che non riguarda solo il nostro Paese: la
conservazione della natura e del paesaggio è percepita come valore universale, la tutela della
biodiversità non si arresta ai confini nazionali.
Noi,
che da anni siamo impegnati sul fronte dei parchi,
che operiamo quotidianamente nella gestione di essi,
che amiamo i parchi e ne siamo fruitori,
denunciamo la drammatica situazione in cui i parchi nazionali italiani vengono ridotti,
ci impegniamo a rappresentare questa situazione in tutte le sedi opportune, nazionali e
internazionali,
esigiamo che i parchi in Italia continuino a vivere, a rafforzarsi, a svolgere la propria insostituibile e
splendida missione nell’interesse di tutti e soprattutto delle generazioni future.
16.7.2010
Per adesioni: graziani@unimc.it

martedì 20 luglio 2010

DECISIONI PROVINCIALI SU INSTALLAZIONI FOTOVOLTAICO IN TERRENO AGRICOLO

Da http://www.sanbenedetto.oggi.it/ del 18-7-2101
http://www.rivieraoggi.it/2010/07/16/96468/il-fotovoltaico-divide-tutti-politici-e-categorie/

ASCOLI PICENO – Energie sostenibili,fonti rinnovabili, protocollo di Tokyo, tutela ambientale. A livello teorico sono parole che piacciono a tutti. Poi nel concreto, sembra impossibile trovare un accordo. Sarà che ognuno ha le proprie idee, oppure che dietro al fotovoltaico si cela un business tale che molte cose non possono essere lasciate al caso.

Sta di fatto che tutti sono divisi. Maggioranza e sinistra radicale vogliono evitare una proliferazione selvaggia e un deturpamento del paesaggio, oltre che la diminuzione di terreno da adibire all’agricoltura, e convergono sul limite dei 20 kw . Più libertà e soglie meno rigide chiedono invece Pd, Udc e Idv, che nella tarda mattinata di oggi, in conferenza stampa , hanno voluto ribadire a chiare lettere il loro punto di vista: «lo scorso 9 luglio il governo ha gettato delle linee guida, che dovranno essere recepite nella legislazione regionale entro 90 giorni. A questo proposito sarebbe opportuno attendere e prendere in considerazione tali linee guida e quindi rinviare la variante normativa che il consiglio di oggi è chiamato a votare». «Contestiamo anche la metodologia con cui sta procedendo questa Provincia. – aggiungono – In tutte le riunioni di commissione abbiamo chiesto il parere dell’ufficio tecnico, che però non è mai arrivato (sarà reso noto ai consiglieri durante il consiglio, ndr). Se si crede veramente nel fotovoltaico non possono esserci questi freni, di cui al momento non se ne vede l’esigenza. Non siamo di fronte ad un rischio di proliferazione selvaggia; si stanno al contrario creando falsi fantasmi e non si incentivano le forme di energia rinnovabile. Qualora dovessero esserci speculazioni o problemi di questo genere saremo i primi a denunciarli. Il tetto di 20 megawatt è ridicolo». Dalla parte di Pd,Udc e Idv molti operatori di imprese di istallazione di impianti fotovoltaici, che temono perdite di commissioni e poco lavoro e che hanno protestato di fronte a Palazzo San Filippo con cartelli e striscioni. Sull’altro fronte maggioranza e sinistra radicale sono d’accordo nel fatto che le soglie indicate siano utili a tenere a bada un fenomeno che altrimenti rischia di dilagare. Con loro le associazioni di agricoltori e gli operatori agrituristici. «La tutela del territorio è fondamentale – dicono – per salvaguardare una provincia che produce il 70% del prodotto agricolo regionale, e anche da un punto di vista paesaggistico rappresenta una risorsa per il turismo e per l’ambiente».

Interviene il presidente Celani: « non capisco tutte queste divisioni: una materia importante come questa richiede un dibattito sereno. Abbiamo discusso per oltre 40 giorni su questi argomenti,. Il parere tecnico esprime note negative solo per due aspetti che possono essere modificati durante questo consiglio; per il resto non va in contrasto con il contenuto del documento che è stato presentato. Non vedo la necessità di ulteriori rinvii».

venerdì 11 giugno 2010

NO AI PANNELLI FOTOVOLTAICI SU TERRENO AGRICOLO







Il Riportiamo una lettera pervenuta dall'Associazione "Agricoltura Oggi" in data 9 giugno 2010

Il consiglio provinciale della Provincia di Ascoli Piceno nella seduta del 10 giugno, ha all’ordine del giorno la “Regolamentazione per l’installazione di impianti fotovoltaici su terreni agricoli”.

In qualità di semplici cittadini, operatori agrituristici, imprenditori agricoli, vitivinicoli ecc, richiamiamo l’attenzione del Consiglio Provinciale e dei suoi componenti sulla preoccupante problematica riguardante l’insediamento selvaggio di impianti fotovoltaici su suolo agricolo che si sta delineando nella nostra provincia e in tutta le regione Marche.

Premesso che la tecnologia fotovoltaica che consente di produrre energia “pulita” utilizzando una fonte rinnovabile è una tecnologia da sostenere e da valorizzare, essa presenta però degli enormi problemi qualora vada ad occupare intere distese di terreni agricoli produttivi.
Gli impianti fotovoltaici cosiddetti “a terra” compromettono, per loro natura, in maniera irrimediabile l'economia della nostra agricoltura alterando nel contempo l’assetto idrogeologico e paesaggistico della nostra provincia.
Pertanto, alla luce di queste premesse riteniamo sia necessario:

-1) favorire la realizzazione “in primis” di impianti anche di grandi dimensioni su superfici già sfruttate per altri scopi, come tetti di capannoni, edifici pubblici, centri commerciali parcheggi e altri terreni già sottratti all’uso agricolo;

-2) favorire l'installazione di fotovoltaico su superfici asservite all'azienda agricola e già edificate (tetti delle cantine vitivinicole, tettoie, tetti di rimessa, ecc)sensibilizzando e supportando le imprese agricole ed i privati cittadini sull’utilizzo del fotovoltaico realizzato sulle coperture dei fabbricati;
-3) considerare che la mancanza di un’attenta regolamentazione sta permettendo di fatto un insediamento selvaggio di parchi fotovoltaici di ampie dimensioni su tutto il territorio, con gravi conseguenze che vanno a ripercuotersi sull’intero settore agricolo. Le aziende rurali si stanno snaturando nelle loro peculiarità trasformando i siti produttivi agricoli in zone “industriali” finalizzate alla mera produzione di energia elettrica e asservite alle multinazionali dell’energia elettrica che molto poco hanno a che vedere con l’ecosostenibilità degli impianti .
-4) considerare che l’installazione di parchi fotovoltaici su terreni agricoli comporta pratiche di diserbo costante, alterazione del ruscellamento delle acque, desertificazione dei terreni a lungo termine, e cementificazione di intere aree rurali a servizio dell’installazione dei pannelli fotovoltaici. Ricordiamo a questo proposito che il territorio marchigiano è considerato tra i territori a più alto rischio idrogeologico e tra le regioni che hanno sacrificato più territorio agricolo alla cementificazione (negli ultimi 40 anni una superficie equivalente alla provincia di Pesaro- stime Legambiente e Coldiretti)
-5) considerare i possibili squilibri economici, sociali e paesaggistici derivanti dalla “svendita”di terreni agricoli e dal “mercato” degli affitti agrari in quanto, i proprietari terrieri, attirati da canoni apparentemente più remunerativi, svenderebbero alle aziende installatrici del fotovoltaico terreni fertili e altamente produttivi.
-6) considerare che negli ultimi 10-20 anni sono confluiti a sostegno del settore agrario miliardi di euro sotto forma di contributi pubblici, al fine di valorizzare produzione agricole di eccellenza, biologiche e di salvaguardia della biodiversità. Il cambiamento di destinazione d’uso di terreni agricoli già oggetto di sussidi PSR e similari a “ terreni industriali finalizzati alla produzione di energia” configura di fatto un conflitto di finalità e di sperpero di denaro pubblico che potrebbe aprire la strada a innumerevoli ricorsi legali.
-7) prendere atto di come le disposizione di legge sul fotovoltaico abbiano manifestato tutte le proprie lacune. L’assenza di un rigido disciplinare contenente i criteri per l’insediamento di parchi fotovoltaici sull’intero territorio nazionale e l’impossibilità da parte degli enti locali di opporsi adeguatamente alle richieste, ha permesso la presentazione di istanze progettuali in modo indiscriminato, calpestando qualunque principio di conservazione e salvaguardia del territorio, dando inizio a innumerevoli interpretazioni della legge con nefaste conseguenze.
-8)considerare che le gravissime ripercussioni sul tessuto economico-sociale e sul patrimonio naturale e culturale del nostro paese derivanti dalla installazione del fotovoltaico, saranno drammaticamente evidenti ripercuotendosi irrimediabilmente sull’attrattività turistica della zona, elemento di grande importanza economica nella nostra area, che verrebbe meno nell'immediato.
Molti turisti e giornali hanno già riportato le nefandezze "fotovoltaiche" in zona Offida, Ripatransone, Acquaviva, Cossignano, ecc. e molti comitati si sono già costituiti a difesa del territorio.

Pertanto, sulla base di queste considerazioni, ci appelliamo affinché la provincia di Ascoli Piceno e nel contempo la Regione Marche adottino normative altamente restrittive e immediate volte alla regolamentazione più efficace possibile concernenti l’'installazione a terra dei pannelli fotovoltaici.
Di contro, auspichiamo che si agisca in supporto a quei Comuni virtuosi che fanno dell’agricoltura e della salvaguardia del territorio il fondamento essenziale per uno sviluppo economico e sociale compatibile con l’ambiente e con le tradizioni culturali.


Il nostro territorio è un bene comune che appartiene a tutti, una risorsa non rinnovabile che va preservata per le future generazioni.

Un gruppo di operatori agrituristici, imprenditori agricoli e vitivinicoli della Provincia di Ascoli Piceno e di Fermo.

mercoledì 21 aprile 2010

PRIMAVERA SILENZIOSA

Pubblichiamo questo appello del Prof. Fabio Taffetani, docente dell'Università Politecnica delle Marche
PRIMAVERA SILENZIOSA
Appello di Fabio Taffetani
(Botanico dell’Università Politecnica delle Marche, Ancona)

UNA PRATICA ASSURDA
Sono profondamente indignato, e così tutte le persone con le quali ho avuto occasione di
parlarne, per l’assurdità, l’arroganza e la superficialità dimostrate dalla Provincia di Ancona nel
perseguire l’insensato progetto di trattare tutti i bordi stradali con diserbante.
Sembra proprio che, 50 anni dopo la pubblicazione di Primavera silenziosa, la maledizione della
pazzia autodistruttiva che Rachel Carson presagiva, già all’inizio degli anni sessanta, osservando i
primi effetti dell’abuso irrazionale della chimica nelle campagne americane (Silent Spring, 1962),
stia giungendo alle sue fasi più preoccupanti anche nella nostra regione, un territorio che dovrebbe
avere cultura, tradizioni, prodotti della terra, paesaggio e ambiente tra le risorse più preziose e
condivise.
Ci sono sempre più agricoltori che utilizzano il diserbo anche al di fuori delle aree coltivate, ma
anche semplici cittadini che irrorano le fasce erbose sotto casa con erbicidi per evitare lo sviluppo
delle erbe infestanti. La pratica del diserbo nata per il controllo delle commensali in agricoltura,
erroneamente considerata come alternativa allo sfalcio, viene ora proposta dall’Amministrazione
Provinciale di Ancona, sostenuta dalle industrie chimiche che producono il diserbante più
aggressivo e meno selettivo oggi sul mercato (il glyphosate), per il “decoro” delle strade pubbliche
e con la scusa di combattere le allergie da polline (in realtà, anziché ridurre le fonti di produzione di
polline, se ne determina un aumento significativo con la proliferazione delle graminacee, oltre alla
nebulizzazione nell’aria di principi chimici tossici anche in aree urbanizzate e ad alta intensità di
traffico), ben sapendo che, una volta effettuato il primo trattamento, si dovrà continuare anche negli
anni successivi per evitare la proliferazione delle erbe più aggressive, libere di espandersi, in
seguito alla scomparsa della vegetazione che presidiava il terreno.

PANNELLI FOTOVOLTAICI AL SAPORE DI ROSSO PICENO SUPERIORE

Pubblichiamo da www.sanbenedettoggi.it un articolo comparso in marzo sulla spinosissima questione dell'impianto di pannelli fotovoltaici su terreno agricolo (permessa ed anzi avvalorata dal DL del 2003).
Al momento la questione giuridica è alquanto complessa ma servirebbe arrivare urgentemente ad una migliore definizione della materia.
Auspichiamo questo nel più breve tempo possibile.
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Pannelli solari in contrada Messieri, tra Ripatransone e Offida: un gruppo di cittadini, comprendenti le cantine Ciù Ciù e Capecci, protestano per l'aggressione all'agricoltura, al paesaggio e al turismo. Così nasce l'associazione "Scudo", che promette battaglia. La storia di Sonia (leccese) e Markus (tedesco), innamorati delle colline picene

RIPATRANSONE - Si chiama Associazione Scudo e quel che ha intenzione di proteggere sono le colline picene dall'invasione dei pannelli fotovoltaici. Proprio così: perché nella sfida alla tutela ambientale persino gli amati pannelli, che sanno catturare l'energia dal sole, rappresentano un rischioso elemento di deturpamento perché, da qualche tempo, questi vengono installati non solo - o non tanto - sui tetti dei capannoni industriali e sugli edifici di civile residenza, ma anche in grandi appezzamenti di terreno.

Tanto da rischiare di deturpare, tra le altre, anche le rinomate colline del Rosso Piceno, in quella mezzaluna di terra che da Acquaviva abbraccia anche Ripatransone e Offida. Anzi, vi sono già: campi coltivati a pannelli multimediali. Per questo alcuni cittadini e alcune aziende della zona si stanno coagulando per evitare che, invece che tetti e capannoni industriali, l'energia solare debba farsi spazio tra rinomati vigneti ed (ex?) romantici panorami. Questa settimana infatti si è costituita ufficialmente l'associazione Scudo (per mezzo dell'avvocato bolognese ma di origine sambenedettese Paco D'Onofrio), comprendente 27 persone, alla cui presidenza vi è Marco Curzi dell'Oasi degli Angeli, il vice Walter Bartolomei della Cantina Ciù Ciù, e inoltre Markus Bismark rappresenta gli interessi degli operatori turistici della zona. Anche la cantina Capecci, tra gli altri, è del gruppo.

L'installazione di pannelli fotovoltaici va avanti già da diversi mesi, ma adesso è previsto una nuova aggressione al territorio, nella zona San Giovanni, in contrada Messieri di Ripatransone (la strada che collega la frazione San Savino ad Offida), e i cittadini hanno deciso di protestare in maniera compatta. Si tratta della quarta area prescelta dall'amministrazione comunale a questo scopo, con delibera dello scorso 16 dicembre, e, secondo gli associati, in un'area a tutela integrale.

L'avvocato Serena Romandini, ad esempio, ha avuto colloqui con il sindaco D'Erasmo per bloccare l'installazione ma D'Erasmo afferma, dice la Romandini,«che oramai i tempi sono troppo dilatati, e seppur un ricorso al Tar darebbe ragione ai cittadini, ecco che si andrebbe però a creare una situazione addirittura peggiore». I contestatori però fanno riferimetto ai principi approvati decreto dal Ministero dello Sviluppo Economico nel 2007, che, approvato con delibera anche dalla Provincia di Ascoli, sconsiglia la realizzazione di impianti fotovoltaici non integrati negli ambiti di tutela stabiliti dal Piano Paesaggistico Ambientale Regionale o dai Piani Regolatori Generali e favorisce le zone industriali, agricole e comunali.

Tra i più battaglieri nell'associazione ci sono due "piceni" adottivi: la signora Sonia Muci, originaria di Lecce, e il marito Markus Bismark, tedesco di Monaco: «Ci siamo innamorati di questi luoghi inizialmente grazie alle immagini su internet, poi abbiamo deciso di trasferci direttamente qui. Sono posti incantevoli, colline mozzafiato e vicinissime al mare, quindi, cos'altro desiderare di più? La Toscana e l'Umbria non hanno di queste possibilità. Lavoriamo nell'ambito del turismo, e negli ultimi anni come noi molte persone hanno deciso di spostarsi in queste zone. Adesso tutto rischia di essere deturpato: vi sembra possibile?»

L'associazione ci tiene a far sapere di non essere contraria allo sfruttamento dell'energia solare, ma vuole un adeguato sfruttamento della stessa e non a detrimento del paesaggio naturale del Piceno.

giovedì 25 marzo 2010

QUALE FUTURO PER GLI AGRICOLTORI ITALIANI???




Pubblichiamo una amara riflessione che ci giunge da Massimo Serena, agricoltore.




Con i prezzi in caduta e la reddito delle aziende a picco, il bilancio del settore dal 2000 a oggi è la storia di un disastro. Del quale Berlusconi e il suo Governo non sembrano minimamente interessarsi. Come al solito grandi proclami, campagne mediatiche, il Ministro Zaia che addenta il McItaly (nuovo hamburger dall’americana McDonald), il “made in Italy” sbandierato a destra e a manca, ma dalla finanziaria solo pochi spiccioli, peraltro stornati da voci di spesa già destinate al settore agricolo.

Molte aziende agricole chiudono, scompaiono dai dati statistici, fagocitate dalla crisi e mettono a rischio l’autonomia alimentare del Paese, la conservazione ambientale del territorio, la stabilità geologica dei siti urbanizzati.

L’agricoltura è un settore strategico in tutte le economie del mondo, anche perché gli agricoltori presidiano il territorio e con saggezza millenaria lo gestiscono per conto di tutti. Ma la società italiana premia chi preferisce risolvere (anche a fini di potere e arricchimento personale) le grandi emergenze, piuttosto che sostenere una buona politica di amministrazione e di manutenzione ordinaria. E infatti del lavoro gratuito, anonimo, poco sfruttabile a fini propagandistici di centinaia di migliaia di agricoltori il nostro Governo sembra non interessarsi minimamente. Questa agricoltura non fa audience!!!!!!!

E “gli uomini del fare”che avrebbero potuto in tutti questi anni per l’appunto fare qualcosa per agevolare e sostenere i grandi sforzi di innovazione e di efficienza imprenditoriale degli operatori agricoli non hanno mosso un dito. In un anno in cui il grano viene pagato meno della paglia, nessuno della maggioranza parla della tragedia degli agricoltori e di interventi straordinari che possano aiutare questi ultimi a superare una crisi di proporzioni mai ricordate. Siamo ultimi in Europa e senza una politica agricola.

Solo le produzioni di nicchia, “eleganti”, particolari, spesso frutto di investimenti snob di capitali provenienti da attività diverse da quella agricola (e quindi senz’altro più redditizie!!!), vengono propagandate come grandi risultati. Ma la realtà della vera gente di campagna, che deve vivere dei proventi dell’impresa agricola, è data dai numeri.

Il reddito reale per addetto in agricoltura tra il 2005 e il 2007 nei 27 paesi europei è cresciuto del 7,7%, in Italia è sceso del 12,1%. Nel solo 2008 nell’Europa a 15, è sceso dello 0,2%, in Italia del 18,9%. L’export alimentare sta perdendo quota e nel 2008 è tornato allo stesso livello del 2000, coinvolgendo tutti i settori: vino cereali, olio. Il valore aggiunto per addetto è il più basso tra quelli dei nostri maggiori competitori europei (19.600 € contro i 26.000 della Spagna e i quasi 55.000 dei Paesi Bassi).

Anche gli agricoltori delle Marche e del Fermano stanno vivendo questo disastro e lo stanno pagando di tasca propria, mettendo mano ai capitali risparmiati faticosamente negli anni, come d’altra parte molti italiani. E debbono avere diritto a una pari dignità di imprenditori rispetto al mondo industriale e del settore terziario e a strumenti finanziari adeguati già in atto negli altri settori economici.

Quando si pubblicizzano le Marche nel mondo, la prima immagine che si utilizza, peculiare del nostro territorio, sono le nostre belle colline, coltivate con la passione e la perizia del giardiniere-agricoltore. Che però lavora in sordina e gratuitamente per tutti noi. E quando si vogliono attirare i turisti, che arrivano ormai numerosi ed entusiasti dalle nostre parti, si propagandano i nostri buoni cibi, frutto della dinamica capacità imprenditoriale di alcuni bravi piccoli agroindustriali delle nostre parti, ma anche della tradizione millenaria che li ha preceduti, della eccellenza delle materie prime che possono utilizzare come base delle trasformazioni.

E’ allora necessario che la Amministrazione Regionale intensifichi sempre di più i suoi sforzi per migliorare l’organizzazione e l’efficienza del settore agricolo, dando corpo a strumenti di pianificazione, organizzazione e supporto alle produzioni regionali. Sostenendo però anche a livello nazionale l’importanza di un settore economico che nell’epoca postindustriale risulta strategico per l’economia della nostra regione. Un settore portante della ormai famosa “green economy”, che sembra essere l’economia destinata a portarci fuori dalla crisi profonda in cui la vecchia economia speculativa e sfruttatrice delle risorse è precipitata.

Energie alternative e rinnovabili, qualità della vita come parametro per misurare il benessere dei cittadini, edilizia biodinamica e ad alta efficienza energetica, limitazione massima dello sfruttamento delle terre agricole a fini urbanistici, riqualificazione del territorio, qualità e sicurezza alimentare per i consumatori, sviluppo sostenibile dal punto di vista ecologico e ambientale: sono tutte voci di un futuro in cui gli agricoltori potranno essere protagonisti con la loro esperienza, conoscenza tecnologica, passione imprenditoriale.

Quindi cosa chiedono gli agricoltori? Ricerca, programmazione economica innovativa, snellimento delle pratiche burocratiche, incentivi alla organizzazione di una grande distribuzione di piccole produzioni locali qualificate, fissazione di prezzi minimi e di tempi di pagamento decenti per le materie prime conferite all’agroindustria, utilizzazione controllata di materie prime italiane nei prodotti tipici eno-gastronomici e dunque tracciabilità dei prodotti e lotta alla contraffazione, sostegno politico efficace alle esportazioni agricole e non più priorità di sostegno alle produzioni industriali, riduzione anche contingente e straordinaria degli oneri fiscali. E poi mercati di coltivatori, pubblicità del consumo alimentare a chilometri zero, utilizzazione dei prodotti locali nelle mense scolastiche, ospedaliere e aziendali, informazione alimentare nelle scuole a favore dei prodotti locali e di stagione.

Gli agricoltori marchigiani hanno bisogno di una Regione che li rappresenti a livello nazionale e comunitario e che li sostenga sempre di più nello sforzo di continuare a svolgere, con la dignità di un reddito decente, il compito che da millenni hanno saputo assolvere nell’interesse di tutta la società.

Massimo Serena
agricoltore in Fermo, candidato al Consiglio Regionale delle Marche

sabato 2 gennaio 2010

Il sistema Marche, tra problemi e schizofrenia

Pubblichiamo una recensione di Sergio Sinigaglia sul libro "Città in nuce delle Marche" di Calafati e Mazzoni, apparsa sul "Manifesto" del 2 gennaio 2010

Ancona

L’ultima “perla” è stata annunciata prima di Natale. Un accordo tra le Regioni Abruzzo, Marche e Molise e le Province di Ancona, Macerata, Fermo, Ascoli, Teramo, Pescara, Chieti e Campobasso, per realizzare “un collegamento interno viario parallelo alla costa adriatica”. Il tutto presentato come essenziale per lo “sviluppo e la competitività del territorio”. In sostanza altre strade, altro traffico su gomma, altri danni all’ambiente e al patrimonio agricolo e naturale. Una politica schizofrenica che nell’esaltare la qualità paesaggistica della regione, continua a produrre progetti sempre più impattanti e poco legati alle esigenze reali. Ma come si è evoluto il territorio marchigiano dal punto di vista sociale, economico e anche demografico? Una risposta originale e degna di attenzione viene dal libro “Città in nuce nelle Marche” (Franco Angeli, pp.219, 27 euro) scritto da Antonio Calafati e Francesca Mazzoni. Si tratta di uno studio che analizza le peculiarità della regione nel suo divenire in questi decenni, dopo che “dall’inizio degli anni Ottanta, l’organizzazione territoriale, la struttura socio-economica e la configurazione istituzionale hanno cessato di essere un oggetto di studio”. Francesca Mazzoni è un’economista e svolge attività di consulente nel campo della riqualificazione urbana e dello sviluppo locale, mentre Antonio Calafati è docente presso la Facoltà Giorgio Foà di Ancona dove insegna “Economia Urbana”. In particolare Calafati è un economista che da tempo dedica il suo lavoro di ricerca nei campi dello sviluppo locale e urbano, con una particolare attenzione e sensibilità alle ricadute sull’ambiente.
Al centro del libro c’è una divisione del territorio marchigiano fuori della tradizionale suddivisione politico-amministrativa delle quattro province, oggi cinque con Fermo, e viene proposta una sua riformulazione in undici sistemi urbani, secondo la trasformazione che questi hanno avuto a partire dagli anni Cinquanta, con altrettanti Comuni ‘centroidi’, neologismo con cui si indica dei capoluoghi comprendenti, a loro volta, altre località minori. Le città individuate sono: Pesaro, Fano, Senigallia, Ancona, Jesi, Fabriano, Civitanova Marche, Macerata, San Benedetto, Ascoli Piceno e Fermo. Il tutto è visto in una logica di connessione intercomunale, quindi proponendo di superare la storica centralità municipale, sull’esempio di ciò che è avvenuto e sta avvenendo in Europa, in particolare in Francia e Germania. Un’analisi che, pur partendo da una regione specifica, ha una valenza nazionale tanto che a marzo uscirà un nuovo saggio per la Donzelli dove viene proposta la stessa visione per tutto il Paese. Abbiamo incontrato il Prof.Calafati per analizzare le linee principali del suo studio alla base del quale c’è il concetto di sistema locale.
“Il fenomeno della formazione di sistemi locali intercomunali – che ha profondamente modificato l’organizzazione territoriale dell’Italia – è stato sottovalutato. Nell’interpretazione del cambiamento è prevalso ciò che definirei “paradigma territoriale”: il territorio come rete di individui, di imprese, di insediamenti. In sostanza, nella lettura che si è data è scomparsa la specificità della trama territoriale e si è affermato uno sguardo indifferenziato, che è speculare alla retorica della “comunalità”: i comuni italiani come elementi di una “città infinita”, senza identità, senza governo. La formazione dei sistemi locali intercomunali – in particolare dei sistemi urbani, fenomeno di straordinaria rilevanza economica e politica – è stata ignorata. E anche, di conseguenza, le sue implicazioni istituzionali – ovvero, il superamento dell’attuale poliarchia nel governo dei sistemi urbani in quanto ambiti spaziali governati da una pluralità di amministrazioni comunali “
Calafati rileva come “interpretare il territorio italiano in termini di ‘sistemi locali intercomunali’ è una prospettiva che si consolida nel dibattito scientifico tra la fine degli anni settanta e la metà del decennio successivo; gli stessi ‘distretti industriali’, di cui molto si è parlato in Italia, avevano un carattere intercomunale. Ma questa prospettiva interpretativa non è riuscita a imporsi nel discorso pubblico e a influenzare le politiche. Nel caso delle Marche – come in altre regioni italiane –, essa si è scontrata con letture ideologicamente più rassicuranti, per quanto infondate, come quella della “città-regione”. In Toscana, più che altrove, si è utilizzata una lettura intercomunale del territorio, e di questa impostazione vi sono tracce nella programmazione regionale. Il nostro libro invita a guardare le Marche in base alla riflessione teorica che si è affermata negli ultimi due decenni, fondata, appunto, sul concetto di “sistema locale”, su una lettura moderna delle trasformazioni territoriali.
Negli anni settanta la ricerca ha analizzato l’evoluzione del territorio marchigiano mettendone in risalto ‘l’industrializzazione senza fratture’ per citare un noto saggio del Prof. Giorgio Foà, un’analisi che Calafati reputa abbia perso di validità. Infatti, la tendenza alla “diffusione” ha avuto una inversione di tendenza trasformandosi in concentrazione, così il processo economico si è raccolto in una porzione di territorio limitata. Una prerogativa delle regioni dell’Italia centrale come Emilia Romagna, Umbria, Toscana e, appunto, le Marche. Da qui la necessità che i “sistemi urbani dovrebbero essere governati in modo integrato, come se fossero città – perché sono di fatto città. Ma, innanzitutto, dovrebbero essere identificati e riconosciuti dai decisori pubblici”.
Nel lavoro di Francesca Mazzoni e Antonio Calafati, come dicevamo, sono stati individuati undici sistemi urbani che, in termini di importanza, si differenziano nettamente dagli altri. Sono sistemi che occupano il 36% del territorio marchigiano e dove si concentra il 70% circa dell’attività socio-economica. Sono realtà diverse caratterizzate da uno sviluppo molti differente e che avrà dinamiche altrettanto dissimili. Zone come quelle di Pesaro, Civitanova Marche, Fabriano e Jesi sono strettamente incentrate sul manifatturiero a fronte di altri sistemi con economie maggiormente diversificate. A sud della regione Ascoli e San Benedetto sono comuni centroidi che hanno subito il forte condizionamento della Cassa del Mezzogiorno e oggi vivono una difficile situazione. Un’analisi dalla quale emerge un quadro che disegna una regione tutt’altro che omogenea.
Una regione che nel processo di industrializzazione ha subito, dal punto di vista ambientale, in realtà diverse fratture. Calafati è d’accordo e ricorda “lo straordinario inquinamento delle falde acquifere, lungo la costa, da alcuni decenni oramai largamente inutilizzabili”. Si tratta di “una crisi ecologica drammatica risolta solo grazie alla vicinanza degli Appennini, per cui è stato possibile creare un sistema di acquedotti che si approvvigiona alle sorgenti”. Altro elemento pesante l’inquinamento atmosferico, molto elevato, e concentrato, ovviamente, nei sistemi urbani, così come altro fenomeno preoccupante è l’erosione del suolo. Dunque il tessuto produttivo ha le sue responsabilità, ma c’è da tenere presente che la vecchia analisi di Foà si calava in un contesto, quello della fine degli anni settanta, nel quale c’era scarsa consapevolezza della gravità dell’impatto ambientale. “Credo – precisa Antonio Calafati – che la metafora si riferisse al fatto che le Marche si sono industrializzate senza una consistente immigrazione dal sud, ma solo sulla base di flussi migratori interni, in effetti senza alcun sconvolgimento sociale”. Altro tema cruciale trattato in “Città in nuce nelle Marche” è quello della cosiddetta ‘città dispersa’. “Il carattere disperso delle nuove città è una questione importante. Buona parte delle città moderne sono ‘disperse’, ma la dispersione fa sorgere un difficile problema: la sostenibilità della mobilità al suo interno. Un problema che nelle Marche – in generale in Italia – è stato drammaticamente sottovalutato. Ad esempio, nel sistema intercomunale di Ancona, che comprende circa duecentotrentamila abitanti, settantamila persone prendono giornalmente l’auto per andare al lavoro. E poi ci sono i movimenti in auto per gli acquisti e le attività di socializzazione. E non è un caso che ad Ancona, nei suoi ‘punti focali’, si hanno livelli di inquinamento atmosferico straordinari. E lo stesso accade nei punti focali dei sistemi locali di Civitanova Marche, San Benedetto e così via. Inoltre, nelle città disperse delle Marche, molti cittadini non hanno garantito il diritto alla mobilità. Anziani o giovanissimi sono limitati nei loro movimenti e da qui nascono fenomeni di segregazione molto forti, che si rafforzeranno”.
In questa situazione ci sarebbe bisogno di una riqualificazione del territorio partendo dalla considerazione che “i sistemi locali si sono formati per integrazione spaziale e sociale di comuni contigui”. Ma nonostante una dinamica di occupazione di suolo piuttosto forte, il territorio dei sistemi non è stato totalmente snaturato e la presenza di quella che Calafati definisce ‘campagna urbana’, potrebbe costituire una chance. Infatti se si “smettesse di occupare questi interstizi di campagna nei quali la città dispersa è incastonata e li si riqualificasse dal punto di vista ambientale e sociale si avrebbero dei vantaggi notevoli in termini di servizi ecologici e ricreativi (parchi urbani, piste ciclabili, sentieri, aziende agricole scuola e così via). Ma nelle Marche, negli ultimi dieci anni, si è andati nella direzione opposta, con un uso del suolo dissennato, uno sprawl urbano senza logica. Nell’indifferenza generale”.
Dunque intercomunalità, riqualificazione, innovazione. Sembrano essere queste le idee guida della proposta di Calafati e Mazzoni.
Ma dal punto di vista della democrazia territoriale l’idea intercomunale non potrebbe andare ad intaccare quella tradizione civica plurisecolare che studiosi come Robert Putnam ( vedi “La tradizione civica nelle regioni italiane”) hanno esaltato e ritengono un patrimonio da difendere e valorizzare? “Dal punto di vista della partecipazione democratica – risponde Calafati - si tratterà di trovare le forme opportune, ma non è certo l’ampliamento delle unità politico-amministrative a essere un ostacolo. Del resto, non è che nei piccoli comuni ci sia, oggi, un forte coinvolgimento dei cittadini nelle scelte politiche. Semmai, il contrario. Per la partecipazione democratica vanno definiti nuovi strumenti. Ad esempio, in Italia sottovalutiamo il ruolo della trasparenza delle decisioni pubbliche. Ogni grande intervento di trasformazione urbana è avvolto in una nebbia che non permette di capire la distribuzione dei diritti di proprietà, la distribuzione della rendita, i benefici sociali. Questo è il vero nodo della partecipazione democratica: informazione rilevante e trasparenza delle decisioni pubbliche – ed esercizi di democrazia diretta, quando occorre

Sergio Sinigaglia