giovedì 25 marzo 2010

QUALE FUTURO PER GLI AGRICOLTORI ITALIANI???




Pubblichiamo una amara riflessione che ci giunge da Massimo Serena, agricoltore.




Con i prezzi in caduta e la reddito delle aziende a picco, il bilancio del settore dal 2000 a oggi è la storia di un disastro. Del quale Berlusconi e il suo Governo non sembrano minimamente interessarsi. Come al solito grandi proclami, campagne mediatiche, il Ministro Zaia che addenta il McItaly (nuovo hamburger dall’americana McDonald), il “made in Italy” sbandierato a destra e a manca, ma dalla finanziaria solo pochi spiccioli, peraltro stornati da voci di spesa già destinate al settore agricolo.

Molte aziende agricole chiudono, scompaiono dai dati statistici, fagocitate dalla crisi e mettono a rischio l’autonomia alimentare del Paese, la conservazione ambientale del territorio, la stabilità geologica dei siti urbanizzati.

L’agricoltura è un settore strategico in tutte le economie del mondo, anche perché gli agricoltori presidiano il territorio e con saggezza millenaria lo gestiscono per conto di tutti. Ma la società italiana premia chi preferisce risolvere (anche a fini di potere e arricchimento personale) le grandi emergenze, piuttosto che sostenere una buona politica di amministrazione e di manutenzione ordinaria. E infatti del lavoro gratuito, anonimo, poco sfruttabile a fini propagandistici di centinaia di migliaia di agricoltori il nostro Governo sembra non interessarsi minimamente. Questa agricoltura non fa audience!!!!!!!

E “gli uomini del fare”che avrebbero potuto in tutti questi anni per l’appunto fare qualcosa per agevolare e sostenere i grandi sforzi di innovazione e di efficienza imprenditoriale degli operatori agricoli non hanno mosso un dito. In un anno in cui il grano viene pagato meno della paglia, nessuno della maggioranza parla della tragedia degli agricoltori e di interventi straordinari che possano aiutare questi ultimi a superare una crisi di proporzioni mai ricordate. Siamo ultimi in Europa e senza una politica agricola.

Solo le produzioni di nicchia, “eleganti”, particolari, spesso frutto di investimenti snob di capitali provenienti da attività diverse da quella agricola (e quindi senz’altro più redditizie!!!), vengono propagandate come grandi risultati. Ma la realtà della vera gente di campagna, che deve vivere dei proventi dell’impresa agricola, è data dai numeri.

Il reddito reale per addetto in agricoltura tra il 2005 e il 2007 nei 27 paesi europei è cresciuto del 7,7%, in Italia è sceso del 12,1%. Nel solo 2008 nell’Europa a 15, è sceso dello 0,2%, in Italia del 18,9%. L’export alimentare sta perdendo quota e nel 2008 è tornato allo stesso livello del 2000, coinvolgendo tutti i settori: vino cereali, olio. Il valore aggiunto per addetto è il più basso tra quelli dei nostri maggiori competitori europei (19.600 € contro i 26.000 della Spagna e i quasi 55.000 dei Paesi Bassi).

Anche gli agricoltori delle Marche e del Fermano stanno vivendo questo disastro e lo stanno pagando di tasca propria, mettendo mano ai capitali risparmiati faticosamente negli anni, come d’altra parte molti italiani. E debbono avere diritto a una pari dignità di imprenditori rispetto al mondo industriale e del settore terziario e a strumenti finanziari adeguati già in atto negli altri settori economici.

Quando si pubblicizzano le Marche nel mondo, la prima immagine che si utilizza, peculiare del nostro territorio, sono le nostre belle colline, coltivate con la passione e la perizia del giardiniere-agricoltore. Che però lavora in sordina e gratuitamente per tutti noi. E quando si vogliono attirare i turisti, che arrivano ormai numerosi ed entusiasti dalle nostre parti, si propagandano i nostri buoni cibi, frutto della dinamica capacità imprenditoriale di alcuni bravi piccoli agroindustriali delle nostre parti, ma anche della tradizione millenaria che li ha preceduti, della eccellenza delle materie prime che possono utilizzare come base delle trasformazioni.

E’ allora necessario che la Amministrazione Regionale intensifichi sempre di più i suoi sforzi per migliorare l’organizzazione e l’efficienza del settore agricolo, dando corpo a strumenti di pianificazione, organizzazione e supporto alle produzioni regionali. Sostenendo però anche a livello nazionale l’importanza di un settore economico che nell’epoca postindustriale risulta strategico per l’economia della nostra regione. Un settore portante della ormai famosa “green economy”, che sembra essere l’economia destinata a portarci fuori dalla crisi profonda in cui la vecchia economia speculativa e sfruttatrice delle risorse è precipitata.

Energie alternative e rinnovabili, qualità della vita come parametro per misurare il benessere dei cittadini, edilizia biodinamica e ad alta efficienza energetica, limitazione massima dello sfruttamento delle terre agricole a fini urbanistici, riqualificazione del territorio, qualità e sicurezza alimentare per i consumatori, sviluppo sostenibile dal punto di vista ecologico e ambientale: sono tutte voci di un futuro in cui gli agricoltori potranno essere protagonisti con la loro esperienza, conoscenza tecnologica, passione imprenditoriale.

Quindi cosa chiedono gli agricoltori? Ricerca, programmazione economica innovativa, snellimento delle pratiche burocratiche, incentivi alla organizzazione di una grande distribuzione di piccole produzioni locali qualificate, fissazione di prezzi minimi e di tempi di pagamento decenti per le materie prime conferite all’agroindustria, utilizzazione controllata di materie prime italiane nei prodotti tipici eno-gastronomici e dunque tracciabilità dei prodotti e lotta alla contraffazione, sostegno politico efficace alle esportazioni agricole e non più priorità di sostegno alle produzioni industriali, riduzione anche contingente e straordinaria degli oneri fiscali. E poi mercati di coltivatori, pubblicità del consumo alimentare a chilometri zero, utilizzazione dei prodotti locali nelle mense scolastiche, ospedaliere e aziendali, informazione alimentare nelle scuole a favore dei prodotti locali e di stagione.

Gli agricoltori marchigiani hanno bisogno di una Regione che li rappresenti a livello nazionale e comunitario e che li sostenga sempre di più nello sforzo di continuare a svolgere, con la dignità di un reddito decente, il compito che da millenni hanno saputo assolvere nell’interesse di tutta la società.

Massimo Serena
agricoltore in Fermo, candidato al Consiglio Regionale delle Marche

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