martedì 18 gennaio 2011

PUNTI SALIENTI DELLA LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE SUL PAESAGGIO

COORDINAMENTO REGIONALE PER LA TUTELA DEL
PAESAGGIO DELLE MARCHE
Contributo per la modifica della proposta di legge n. 156 del 01.03.2007 avente ad oggetto:
“Norme per lo sviluppo sostenibile ed il governo del territorio regionale”
(modifiche alla L.R. 5 agosto 1992 n. 34)

1. Premessa
2. Considerazioni generali
3. Proposte normative
4. Elementi da approfondire

1. PREMESSA
Il “Coordinamento regionale per la tutela del Paesaggio delle Marche”, costituitosi da quasi tre anni con l’obiettivo prioritario di portare un contributo fattivo per la conoscenza, salvaguardia e valorizzazione del Paesaggio della nostra regione, riconoscendo nella sua globalità un valore inestimabile per l’intera comunità regionale sotto i profili culturale, socio-economico, psico-fisico ed identitario e condividendo i principi ispiratori e le finalità della “Convenzione Europea del Paesaggio”,

con il presente documento intende adoperarsi per il miglioramento del testo legislativo di cui all’oggetto, - adottato dalla Giunta Regionale precedente, discusso dalla IV Commissione Consiliare della scorsa legislatura e mai arrivato al Consiglio Regionale -, ritenendo di assoluta importanza che l’Ente Regione si doti di una legislazione di altissimo profilo culturale, capace di avviare una nuova stagione di piani paesaggistico - territoriali ed urbanistici orientati alla prioritaria ed irrinunciabile salvaguardia dei beni culturali e del paesaggio delle Marche, considerati nella loro complessità ed integrità come patrimonio comune inalienabile ed inscindibile, quale risultato di secolare e sapiente interrelazione tra opera dell’uomo e della natura.

A tal fine riteniamo però che sia di fondamentale importanza che l’organo legislativo disponga ed effettui, prima della stesura definitiva del testo di legge, una specifica ed esaustiva indagine sull’attuale stato della pianificazione nella Regione tale da mettere a confronto le attuali disponibilità di aree e volumetrie edificabili con le realistiche esigenze provenienti dal territorio e questo per i diversi usi: abitativi, industriali e artigianali, commerciali, direzionali, servizi pubblici.

L’indagine potrà essere opportunamente condotta per ogni singola Provincia con il supporto degli attuali strumenti informativi (SIT e GIS) verificando tutte le previsioni dei piani regolatori comunali in modo da effettuare un’ attendibile analisi prospettica utilissima anche per la predisposizione del nuovo PPAR adeguato al Codice dei BB.CC. Questa indagine costituirà così il presupposto stesso della legge così da renderla efficace nel suo primario scopo di governare in maniera sapiente e lungimirante l’attuale e futura realtà territoriale regionale in funzione del perseguimento di quegli imprescindibili obiettivi di lungo termine di tutela e di corretto uso del territorio.

2. CONSIDERAZIONI GENERALI
La proposta di legge regionale n. 156 avente ad oggetto “Norme per lo sviluppo sostenibile ed il governo del territorio regionale”, modificativa ed integrativa dell’attuale L.R. n. 34/92, è ben lontana dal poter essere considerata una vera ed organica riforma della legge vigente.
Si tratta infatti di una revisione dell’attuale legge urbanistica che non riesce a rappresentare quella svolta culturale e politica necessaria a garantire un’efficace e coerente tutela del Paesaggio delle Marche e un partecipato, efficiente e rigoroso Governo del territorio.
Gli aspetti ancora irrisolti rimangono troppi e troppo importanti per essere certi che la nuova generazione di Piani che seguiranno la nuova legge “urbanistica”, sia locali che territoriali, possa salvaguardare adeguatamente le immense e delicate risorse naturalistiche, storico-culturali, socio-economiche ed urbanistiche a noi pervenute.

Ad esempio, nell'oggetto della proposta di legge si dà per scontato il concetto di “sviluppo sostenibile”, senza che sia definito in modo chiaro di cosa si tratti e di quali contenuti ad esso sottendano; al contrario riteniamo sostanziale che l'ente proponente fornisca una precisa definizione di tale concetto in quanto esso è strettamente connesso alla futura “identità regionale”, da cui derivare gli obiettivi fondativi di tutti gli strumenti individuati per la gestione del territorio; identità che dovrebbe costituire il focus dell’intera legislazione in materia di territorio e di Paesaggio.

Tale identità, inoltre, dovrebbe scaturire da una partecipazione ampia e articolata di una serie di soggetti non istituzionali, oltre ai soliti “stakeholders”, che quasi sempre rimangono avulsi dai comuni processi di costruzione delle leggi e che invece potrebbero portare un grande contributo di conoscenza e di sensibilità.

In merito ai concetti sopra espressi, riteniamo sia utile rifarsi a quanto pubblicato nella deliberazione amministrativa n. 99 del 29.07.2008 – documento unitario di programmazione regionale (pubblicato sul B.U.R.M. n.79 del 20.08.2008).

3. PROPOSTE NORMATIVE
Ora passiamo ad illustrare nel dettaglio alcune proposte specifiche di modifica della legge, partendo dai principi fondativi.
2.1 Il principio fondativo della nuova legge, da inserire all’art. 1, dovrebbe essere quello che il territorio, l’ambiente ed il paesaggio costituiscono “beni comuni”, appartenenti all’intera collettività regionale, a cui associare valore sociale e culturale (e non solo economico) e che quindi vanno considerati nel loro insieme “patrimonio non alienabile e inscindibile”, salvo che per dimostrati e palesi motivi di pubblico interesse, dato che soltanto il loro corretto uso, la loro tutela, risanamento e valorizzazione possono garantire il “benessere durevole” dei singoli esseri viventi e dell’intera comunità marchigiana, come pure la conservazione del patrimonio naturale (ecosistemi e biodiversità).

Da questo assunto culturale ed etico, ne deriva che le trasformazioni del territorio devono essere rese possibili solamente se non compromettono la conservazione e la vitalità delle risorse non rinnovabili, siano esse materiali o immateriali, siano esse beni culturali, paesaggistici o ambientali e migliorino le condizioni specifiche e complessive dei contesti di intervento.
2.2 Un secondo principio basilare, peraltro già presente nell’attuale testo, ma privo dei necessari regolamenti attuativi, deve essere quello dell’equità sociale, della compensazione ambientale e del riequilibrio territoriale delle scelte di governo del territorio, da garantire attraverso strumenti di tipo perequativo.
Una “perequazione urbanistica” per garantire un’equa ripartizione tra diritti ed oneri all’interno degli ambiti di trasformazione (art. 5 del testo attuale); una “perequazione territoriale ed ambientale” che deve operare per un riequilibrio tra enti locali che sopportano differenti pesi urbanistici ed ambientali. (un buon passo l’art. 6 sulla perequazione intercomunale).
Da notare che i buoni propositi inseriti nel PTC della Provincia di Ancona a riguardo delle aree produttive sono rimasti purtroppo disattesi in mancanza di una regolamentazione operativa e cogente.

Una particolare perequazione tra diritti edificatori ed oneri sociali riferiti all’Ente pubblico ed ai privati proprietari potrebbe essere inserita, previa opportuna verifica della sua legittimità costituzionale, mediante la limitazione temporale del diritto di edificabilità in capo al privato al pari della decadenza dei vincoli espropriativi finalizzati alla realizzazione di opere pubbliche, limite già introdotto nella legislazione statale per effetto di note sentenza della Suprema Corte.

2.3 Un terzo principio fondativo dovrebbe essere costituito dalla “partecipazione consapevole e democratica” delle comunità locali alle scelte di governo del territorio, oltre le normali procedure oggi in vigore (osservazioni); una partecipazione da rendere obbligatoria, effettiva e strutturata attraverso la codificazione di metodologie già sperimentate con successo o in fase di sperimentazione in altre regioni italiane o paesi europei (vedi la recentissima legge della Toscana del 20.12.07 o i più sperimentati modelli anglosassoni di urbanistica partecipata); l’attuale norma dell’art. 14 sull’inchiesta pubblica è troppo debole e discrezionale a questo riguardo, soprattutto se paragonata alle procedure previste per la Valutazione di Impatto Ambientale delle grandi opere (L.R. n. 7/04 sulla VIA) e per la Valutazione Ambientale Strategica (VAS) di piani e programmi (D.Lgs. n. 152/06 e D.Lgs. n. 4/2008), e quindi va resa obbligatoria nei casi di piani e progetti che rivestono anche il minimo interesse pubblico.

2.4 E’ inoltre opportuno inserire in questa legge a pieno titolo le disposizioni relative alle procedure VAS di cui alla L.R. n.6 del 12/06/2007 e successive linee guida (ci risulta di imminente approvazione). Nel contempo occorre far sì che la nuova legge renda obbligatori i processi di adeguamento del PPAR da parte dei PTC per superare il limite perverso dei soli adeguamenti comunali a livello di PRG. Tale processo di adeguamento va avviato subito dopo l’approvazione della legge. Inoltre la legge deve riattribuire alla Regione il ruolo di controllo e verifica degli adeguamenti dei PRG e dei PTC al PPAR da parte dei Comuni e delle Province.

2.5 Altro principio ineludibile da inserire nella nuova legge dovrà essere quello del contenimento del “consumo di suolo”, o meglio del “risparmio di suolo”, partendo dall’assunto che il territorio è tra le principali risorse non rinnovabili del pianeta.
L’obiettivo ambizioso, ma necessario e strategico in prospettiva futura, del “consumo di suolo zero” potrà essere perseguito per gradi a partire dalla fissazione di livelli intermedi, mediante attribuzione di obblighi, limiti, incentivi e disincentivi ai Comuni in fase di adozione dei propri strumenti urbanistici, a partire dai piani strutturali.
Uno degli obblighi potrebbe essere costituito dalla verifica del livello di attuazione dei PRG vigenti da parte delle Province in sede di espressione del previsto parere di conformità al PTC (o, come da noi suggerito, di verifica di conformità a leggi e piani sovraordinati prima della approvazione dei PRG da riattribuire alle Province) e dalla possibilità di prevedere nuovi insediamenti (residenziali, produttivi, commerciali e direzionali) solo dopo aver raggiunto e completato una certa quota delle potenzialità edificatorie disponibili (per esempio almeno l’80%). Vanno inoltre ammesse le sole varianti parziali che prevedano trasferimenti di volumetria realizzabile, cambi di destinazione d’uso di aree ed immobili a parità di carichi e standards urbanistici.
Un interessante incentivo potrebbe essere quello della attribuzione di limitati “bonus” edificatori in caso di Comuni che decidano di procedere ad una pianificazione associata per ambiti intercomunali omogenei, tale da razionalizzare l’individuazione delle zone produttive e/o di servizi pubblici territoriali. Certamente è necessario prevedere specifici finanziamenti per la redazione dei Piani Strutturali di piccoli e medi Comuni; oppure, quale alternativa da valutare con attenzione, inserire una norma che individui il nuovo PTC adeguato al PPAR quale piano strutturale per i piccoli Comuni (p.es. sotto la soglia dei 5000 abitanti).
Viceversa un elemento disincentivante potrebbe essere rappresentato dall’impossibilità di prevedere nuove espansioni urbanistiche in assenza di una puntuale ed attenta verifica del possibile recupero e riuso di aree ed immobili dismessi.
E’ anche necessario impedire il ricorso a varianti parziali ai Piani Strutturali che prevedano aumenti del carico insediativo senza che sia verificata la loro necessità oggettiva e sempre che le nuove previsioni non riducano le aree di riserva ecologica ed ambientale.

2.6 Altro elemento sostanziale è quello del risparmio energetico e della ecocompatibilità degli interventi.
Anche in questo caso lo strumento dell’incentivo/disincentivo (sempre però limitando il ricorso ai soli incentivi volumetrici) potrà essere efficace nell’indirizzare i Comuni verso sempre migliori “buone pratiche” che prevedano un obbligatorio ricorso almeno integrativo a fonti rinnovabili.
Un buon inizio sarebbe comunque l’inserimento per legge dell’applicazione di criteri di valutazione ex ante dei nuovi interventi edificatori sul modello del “protocollo ITACA” e del Metodo di Valutazione Integrata (Me.V.I.), strumenti già in parte sperimentati con buoni esiti rispettivamente a livello regionale e territoriale (Parco del Conero).
Su questo aspetto il Piano Energetico Ambientale Regionale (PEAR) deve assumere un ruolo centrale e strategico all’interno della pianificazione provinciale e comunale, orientando sempre più verso il contenimento dei consumi delle risorse naturali non rinnovabili e dell’acqua piuttosto che sulla produzione di nuova energia.
A questo proposito è necessario che il PEAR sia articolato in Piani Energetici Provinciali e Comunali al fine di rendere organica e capillare una normativa che impedisca la realizzazione di interventi energivori.
Un'altra scelta positiva ed originale potrebbe essere rappresentata dall'incentivare l’adozione di criteri progettuali e costruttivi innovativi, sia per le nuove costruzioni che per gli edifici da recuperare, ossia l'uso dell'”edilizia mimetica”, quale soluzione per rendere meno impattanti gli interventi di nuova costruzione e meno “invasive” le ristrutturazioni. Tale azione sarebbe estremamente utile anche per riqualificare le aree produttive esistenti che hanno spesso brutalizzato il nostro paesaggio.

2.7 Un ulteriore punto che riteniamo essenziale per un equilibrato e sostenibile sviluppo urbanistico delle nostre città, per il recupero e la rivitalizzazione dei nostri piccoli centri alto collinari, pedemontani e montani in fase di continuo abbandono e per una sempre migliore tutela del paesaggio, è quello di attribuire maggior forza ed incisività al livello provinciale di pianificazione e programmazione territoriale che oggi si esprime attraverso il Piano Territoriale di Coordinamento (PTC); uno strumento attualmente troppo debole e disomogeneo tra le quattro Province, che si sta rivelando incapace di indirizzare in modo incisivo e determinante le politiche di governo delle singole amministrazioni comunali, spesso troppo condizionate dalla necessità di “fare cassa” attraverso il reperimento di risorse finanziarie derivanti da oneri di urbanizzazione, ICI ed imposte accessorie.

• Tra gli obiettivi ed indirizzi cogenti da assumere a livello di PTC dovrebbero essere prioritari quello della introduzione di limiti drastici ed invalicabili alla crescita ulteriore dei centri urbani costieri (introducendo p.es. il limite di 300-500 metri di inedificabilità dalla costa) e delle zone produttive sparse (in particolare industriali e commerciali di grande distribuzione) e quello del decongestionamento della viabilità intercomunale ed urbana mediante ricorso a piani territoriali della mobilità che prevedano anche l’imposizione di limiti e disincentivi al traffico privato nei casi di particolare insostenibilità ambientale e l’individuazione di parcheggi di scambio intermodale a ridosso delle stazioni ferroviarie e delle autolinee. A tal fine i PTC obbligatoriamente devono individuare fra i suoi contenuti le conurbazioni continue per le quali deve essere attivata una pianificazione strutturale intercomunale e gli ambiti sovracomunali laddove il piano strutturale deve assumere efficacia di piano intercomunale, previa concertazione preventiva con i Comuni interessati.

2.8 E’ inoltre necessario rivedere le procedure per l’approvazione dei Piani Regolatori Generali, in prospettiva almeno al livello dei previsti Piani Strutturali, che riteniamo non possa essere ancora attribuita ai Comuni, ma che debba tornare di competenza almeno provinciale, fatte salve alcune eccezioni da stabilirsi con il massimo rigore (p.es. le città capoluogo prevedendo procedure concertative specifiche).
Anche il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche, relative ad interventi ricadenti in ambiti di tutela paesaggistico-ambientale, andrebbe attribuito a specifici uffici provinciali dotati di competenze professionali adeguate, anche qui con la sola eccezione dei Comuni maggiori che possono usufruire di adeguata capacità organizzativa e dell’opera di tecnici di provata preparazione professionale.
Si ricorda in proposito che il Codice dei BB.CC. e del Paesaggio già prevede che la Regione verifichi la sussistenza di un adeguato livello di competenze tecnico-scientifiche e di autonomia gestionale delle strutture comunali delegate al rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche (art. 146, comma 6).

A tal proposito va eliminata la possibilità per gli sportelli unici di autorizzare la realizzazione degli insediamenti produttivi al di fuori delle previsioni dei piani regolatori, in particolare laddove essi comportino occupazione di suolo libero.

2.9 Altro punto di grande preoccupazione è costituito dalla proposta di legge sugli insediamenti in territorio agricolo, modificativa della vigente L.R. n. 13/90.
Riteniamo che l’importanza della tutela del paesaggio rurale delle Marche, inestimabile e primario patrimonio socio-culturale prima ancora che economico della nostra regione, debba essere affrontato all’interno della nuova legge sul governo del territorio e non attraverso una riforma parziale della L.R. 13/90, che rischierebbe di vanificare anche il previsto e necessario processo di revisione del PPAR.

4. ELEMENTI DA APPROFONDIRE
Ulteriori elementi da inserire come criteri, requisiti od obiettivi da dettagliare ed attuare attraverso specifici regolamenti regionali o piani di settore, potranno essere costituiti da:
• Sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza nella ripartizione delle competenze tra soggetti istituzionali
• Autonomia e responsabilità nell’azione di governo del territorio
• Tempi certi nella conclusione dei procedimenti, con relative sanzioni per le inadempienze gravi (fino alla decadenza delle procedure già concluse e relativi poteri sostitutivi)
• Fissazione di regole per lo svolgimento delle conferenze di copianificazione e degli altri strumenti concertativi
• Fissazione di regole certe ed efficaci per lo svolgimento e la conclusione di accordi procedimentali e negoziali tra soggetti pubblici e privati, da basare sui principi della concorsualità e concorrenzialità delle proposte ed oggettività e trasparenza delle scelte
• Salvaguardia delle “dotazioni territoriali” (aree per servizi pubblici) e loro incremento non solo quantitativo ma soprattutto qualitativo
• Tutela del territorio agricolo e del paesaggio rurale in quanto patrimonio collettivo culturale, oltre che socio- economico, nel quale limitare l’estendersi del fenomeno della residenza civile e se possibile fermare quello delle seconde case
• Salvaguardia ed incremento delle “dotazioni ecologiche ed ambientali” (quali le aree naturali, le reti ecologiche, gli habitat delle specie faunistiche locali, non solo quelle già protette, ecc.) al fine di costituire un patrimonio inalienabile e non negoziabile di risorse indispensabili per garantire la vitalità del paesaggio e dell’ambiente regionale, completando prioritariamente gli studi sulla Rete Ecologica regionale
. Introduzione di strumenti penalizzanti per limitare l’adozione di soluzioni tecniche energivore per le nuove costruzioni e le ristrutturazioni edilizie
• Un'ulteriore tema specifico su cui focalizzare l'attenzione della nuova legge è quello della “manutenzione del territorio”. Tutti noi assistiamo, più o meno costantemente ed impotenti, ai danni che il territorio subisce a causa di eventi naturali eccezionali. Molti dei problemi si possono far risalire alla mancanza di costante manutenzione dei corsi d'acqua, dei suoli agricoli di versante e dei crinali che, fino a non molti anni fa, veniva attuata dagli agricoltori nella normale buona pratica agricola e che ora, con l'imporsi dell'agricoltura meccanizzata, è venuta quasi sempre a mancare.

Altri danni sono dovuti alle aree di espansione urbanizzate che, oltre ad essere state attuate anche in aree a rischio geologico o idrogeologico, dovrebbero essere curate dalle Amministrazioni Comunali che ne hanno permesso la realizzazione, ma che poi non dispongono delle risorse economiche per garantire un'adeguata manutenzione.

Infine esiste il problema della progressiva rigenerazione naturale e/o artificiale delle aree di cava, per le quali dovrebbe essere reso obbligatorio il risanamento a carico dei cavatori stessi naturalmente sulla base di specifici progetti.

Per il tavolo tecnico – il coordinatore

Arch. Riccardo Picciafuoco
Ancona, dicembre 2010

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